Il senso mutato delle parole
Le grandi tragedie della storia si lasciano dietro di sé neologismi, metafore. L’alfabeto del coronavirus.
Le grandi tragedie della storia lasciano sempre dietro di sé neologismi, metafore, cambiamenti di significato delle parole. Si può anzi valutarne la portata proprio in misura di quanto abbiano fatto irruzione nel linguaggio di ogni giorno. Oggi diciamo ancora «sei brutto come la peste», definiamo «tsunami» una situazione di grande e improvviso sconvolgimento, indossiamo il «trench», l’impermeabile delle trincee della Grande Guerra, o usiamo «coventrizzare» come sinonimo di radere al suolo.
È presto per dire se l’epidemia di coronavirus si guadagnerà anch’essa un posto nella categoria degli eventi indimenticabili per l’umanità, e speriamo ardentemente di no. Però alcuni spostamenti semantici stanno già avvenendo, e forse vale la pena di compilarne un piccolo glossario: può tornare utile per capire che cosa ci sta succedendo.
POSITIVO
Ecco una parola che ha rovesciato il suo senso. Fino a ieri, pensare positivo, essere positivi, era un fatto positivo, e anzi una specie di mantra: l’imperativo sociale dell’ottimismo è il motore delle società capitalistiche. Oggi tutto vorremmo essere, tranne che positivi. Sui giornali si leggono cronache strazianti di anziani in lotta col virus: «Grazie al cielo, mia moglie è negativa». Forse si potrà riconoscere la vera fine di questa tragedia solo nel momento in cui la parola «positivo» tornerà ad avere il significato di prima.
C ONTAGIO
A lungo lo abbiamo utilizzato come metafora: il contagio finanziario di Wall Street, il contagio della Rivoluzione d’ottobre, il contagio del vizio. All’improvviso ritorna al suo concretissimo significato etimologico, che la Treccani ci ricorda così nel dizionario in rete: da «con» e «tangere», e cioè toccare, essere a contatto, contaminare. Una storia di mani mal lavate, insomma. (Stessa sorte di «virale», aggettivo che almeno per un po’ spero smetteremo di riferire alla diffusione di sciocchezze online).
PICCO
La meta più desiderata del momento, e non solo da montanari sempre in cerca di «cime aguzze e isolate». La bellezza del «picco» sta nel fatto che è il punto in cui si appiattisce la «curva», altra parola che abbiamo imparato a temere e ad augurarci «piatta». Con le cime tempestose il «picco» statistico condivide la scarsa visibilità, appare e scompare tra le nebbie dei numeri, e non capiamo mai quanti giorni di marcia ci restino prima di raggiungerlo.
MEDICO
Qui non è cambiato il senso della parola, ma il suo apprezzamento sociale sì. Bene non dimenticare che fino a un giorno prima del Covid-19 i medici venivano abitualmente aggrediti e picchiati nei pronto soccorsi, e perseguitati da cause per risarcimento danni, in una società ormai convinta che la morte non può essere altro che il frutto di un errore umano (stiamo riscoprendo a caro prezzo che così purtroppo non è). Da non dimenticare anche che nelle università italiane c’è il numero chiuso per chi vuole studiare medicina; e che le borse di studio per le specializzazioni sono così poche che vi può accedere ogni anno un laureato su tre.
PRONATO
È la parola di cui ho più paura. Ognuno ha le sue fobie. Si riferisce alla posizione che si fa assumere ai malati più gravi quando li si intuba, per aiutare la ventilazione delle zone basse del polmone. Fuori dagli ospedali e nella vita di ogni giorno è prono chi si assoggetta, chi è arrendevole, chi si inchina davanti a un potente. Sarà per questo che, per quanto sia una pratica medica utilissima, mi sembra l’estrema offesa che la malattia arreca alla dignità di un uomo, mettendolo a faccia in giù.
MARSHALL
Chi era costui? Tutti ne invocano un «Piano», per finanziare la ricostruzione del nostro e degli altri paesi, ricordando il programma post bellico con cui l’america stanziò 12 miliardi di dollari del 1947 per salvare un’europa in macerie, e che prese il nome dell’allora segretario di Stato. Ma stavolta non ci penserà l’america; forse per la prima volta in cent’anni non ci possiamo aspettare dall’atlantico l’aiuto decisivo. Sono così tornati in auge i «filo-cinesi»: un tempo erano i maoisti, oggi sono i grillini. Ma vanno forte anche russi e cubani.
RIPOSO
Nel senso delle case ad esso dedicate. Ma è un riposo che è diventato eterno per troppi anziani. Insieme alle cosiddette Rsa (Residenze sanitarie ospedaliere, dove vengono curate le persone non autosufficienti) i più tradizionali ospizi sono stati e sono l’epicentro di questa tragedia, il buco nero del lutto nazionale che osserviamo oggi, la prima linea di una trincea esposta al fuoco nemico senza difese. Requiem.
MODELLO
Lo si cita spesso, il «modello italiano». Non so a che cosa ci si riferisca. Se al fatto che tutti hanno commesso gli stessi errori nostri, agendo in ritardo, in modo frammentato, rincorrendo il virus, più che un «modello» è un destino che pare aver accomunato la capacità di reazione delle società democratiche all’epidemia. Di sicuro non proporrei come «modello» il nostro bilancio delle vittime.
CRUCIALE
Ogni settimana lo è, per capire come finirà. Ma la successiva lo è sempre di più. Si dice di momento decisivo, importante, critico. Viene dal latino «crux», che sta per croce, e ci ricorda che davanti a una croce si è sempre a un bivio, ma anche che stiamo portando una croce, e che nella cultura occidentale, credenti o no, speriamo tutti nel simbolo di una croce, perché tra dieci giorni è il venerdì di Passione, ma poi sempre arriva la Pasqua di Resurrezione.