Le ancelle e la violenza in nome della fertilità Ritratto di una dittatura
Il futuro secondo il pluripremiato The Handmade’s Tale
Tutti pazzi per «The Handmaid’s Tale», la pluripremiata serie cult in esclusiva per l’italia su Timvision, vincitrice di ben nove Emmy Awards e due Golden Globes, ispirata al romanzo distopico «Il racconto dell’ancella» (1985) della scrittrice e attivista canadese Margaret Atwood. «La migliore serie tv che abbia mai seguito», dice dalle pagine di Sette la scrittrice Rosella Postorino. «Una storia originale e ben costruita fin dai primi episodi», fa eco il regista Fabio Bastianello (suo «Secondo tempo», film in unico piano sequenza di 105 minuti), che ne loda, in particolare, la fotografia. Un non dichiarato omaggio «alla luce di Caravaggio, utilizzata in chiave fortemente simbolica, e alla pulizia minimalista dei ritratti neofiamminghi di Hendrik Kerstens».
Proiettato in un futuro atroce sulle ceneri di un paese comparabile agli Stati Uniti, il serial americano è ambientato nello stato immaginario di Gilead (regione storica della Palestina biblica, menzionata per la prima volta nella Genesi e corrispondente all’attuale Giordania nord-occidentale). Una teocrazia totalitaria e militarizzata, ossessionata dal
Una scena di «The Handmaid’s Tale» (terza stagione), su Timvision. La serie è stata premiata con nove Emmy e due Golden Globe
crollo delle nascite a causa di una popolazione femminile affetta da progressiva sterilità. Le poche donne ancora fertili, le «Ancelle», vengono strappate alle proprie esistenze e assegnate alle famiglie dominanti, in cui subiscono stupri rituali ai fini della procreazione. Tutto sotto il controllo degli «Occhi» di una spietata polizia segreta.
I colori dei costumi codificano le rigide classi sociali: blu le Mogli, grigio chiaro le
domestiche (le «Marte»), rosso le Ancelle, dal volto coperto da candide cuffie. Ispirate, ha confessato prosaicamente la Atwood, dalle confezioni di un detergente anni Quaranta, l’old Dutch Cleanser.
Il ciclo, partito nel 2017 in streaming sulla piattaforma Hulu, è alla sua terza stagione e una quarta in dieci episodi è stata annunciata nel luglio scorso alla Television Critics Association a Los Angeles da Bruce Miller, che ne è l’ideatore. Le ragioni del successo? Le numerose corrispondenze con l’attualità. «Il debutto ha coinciso con l’esplosione di #Metoo e questo ci ha fatto gioco, calamitando l’attenzione sulla serie», afferma una delle interpreti principali, Samira Wiley. In tutti gli States, dal Texas all’ohio, per protestare contro il «gender gap» le donne sono scese in piazza indossando tuniche scarlatte e copricapi bianchi simili a quelli delle Ancelle. Ma la produzione ne ha preso le distanze: «Non è una storia femminista, bensì una storia umana», ha dichiarato la protagonista Elisabeth Moss, che si distingue nel ruolo di June.
«Il racconto dell’ancella (tradotto in più di 40 lingue, ndr) non è una distopia femminista, ma il ritratto più calzante di una dittatura, dove i potenti di entrambi i sessi dominano sugli oppressi —, conferma la stessa Atwood —. E non è neppure una profezia, perché nessuno può realisticamente predire il futuro. Ci sono troppe variabili e possibilità improvvise. Diciamo piuttosto che è un’antiprofezia: se questo futuro può essere descritto dettagliatamente, potrebbe forse non accadere».