«Rischiamo un’ecatombe» E a Merlara è positiva pure la presidente
«Nelle case di riposo del Veneto rischiamo un’ecatombe» dicono i sindacati. Il contagio si diffonde a una velocità impressionante. «Il 21 febbraio una nostra ospite è stata dimessa dall’ospedale di Schiavonia, appena un’ora prima che venisse chiuso in seguito al primo decesso per coronavirus», racconta Roberta Meneghetti, presidente della casa di riposo di Merlara, nel Padovano, che da un mese è una trincea dalla quale nessuno può entrare né uscire ma solo aspettare di sapere chi sarà il prossimo a morire. «Due settimane dopo, avevamo 60 anziani e 24 dipendenti positivi». Lei stessa è tra i contagiati. E oggi affronta una situazione drammatica: dei 73 ospiti presenti un mese fa, 26 sono deceduti e 44 sono malati. Altrove non va meglio. Ad Asiago, 46 positivi su 55 ricoverati. Al Centro Servizi di Monselice i morti sono diciotto. C’è una struttura di accoglienza per religiose anziane, nel
Veronese, dove il virus ha già ucciso otto suore. Le Usl hanno consegnato alla Regione i dati di 183 case di riposo sulle 360 presenti in Veneto: finora sono 1.500 gli ospiti contagiati, 143 con sintomi tanto gravi da rendere necessario il ricovero. Nel Trevigiano, si arriva a contare un ospite su tre positivo. Un’ottantina, finora, i morti. La Procura di Padova sta indagando sulla base delle denunce dei familiari di due nonni deceduti. Negli esposti si fa riferimento a possibili omissioni nelle cure e nell’adozione dei dispositivi di sicurezza. Ma i controlli eseguiti finora dai carabinieri del Nas non hanno evidenziato irregolarità. Cgil, Cisl e Uil se la prendono con la Regione che non avrebbe capito subito che, se bersagliate da un virus, le case di riposo si sarebbero trasformate in bombe a orologeria. Parlano di tamponi fatti in ritardo e, almeno all’inizio, carenza di guanti e mascherine. Il governatore Luca Zaia ha perfino accennato al sospetto che il virus abbia viaggiato attraverso i condotti dell’aria condizionata: «Ci fa pensare il caso di una struttura che è composta da due blocchi: in uno c’è il 100 per cento di casi positivi, nell’altro nessuno. Eppure gli operatori sono gli stessi. Stanno cercando di capire se il sistema di condizionamento abbia avuto un ruolo. Ma sono ipotesi». E intanto gli anziani continuano a morire.
● La struttura su cui si sono accesi i riflettori all’inizio è la Rsa
San Giuseppe di Grugliasco, nel Torinese dove sono stati registrati 31 morti sospette e 24 contagiati