Corriere della Sera

I medici che danno la vita Il Papa: eroi della porta accanto

I morti sono saliti a 105, il 50% erano dottori di famiglia La Federazion­e: «Nessuna risposta dai governator­i» I dati dell’iss: oltre 14 mila i sanitari contagiati dal virus

- Www.corriere.it Agostino Gramigna

● Sono diversi i medici di base che hanno perso la vita lavorando per salvare quella dei propri pazienti.

Ma tra le vittime ci sono anche pneumologi e dentisti, ematologi e pediatri

● Molti i medici pensionati tornati in servizio per far fronte insieme ai colleghi all’emergenza, in alcuni casi perché richiamati dalle strutture mediche, in altri per scelta volontaria

● Le associazio­ni di categoria hanno denunciato la mancanza di mezzi di protezione e di protocolli. Seicentomi­la mascherine sono in distribuzi­one da parte della Protezione civile, ma la stima è che saranno sufficient­i solo per una decina di giorni

● Secondo i dati dell’istituto superiore di sanità, gli operatori sanitari contagiati sono complessiv­amente 14.066. Oltre settemila gli infermieri, con 28 vittime

L’encomio è venuto anche dal Papa che ha definito dottori e infermieri, come i sacerdoti, «eroi della porta accanto». Pensiero che è arrivato ieri proprio quando le agenzie battevano le pessime notizie che venivano dal fronte sanitario. I decessi dei medici hanno superato in Italia le cento unità, 105 per l’esattezza. Per dirla con papa Francesco, 105 eroi della porta accanto.

A riportare il dato è stata la Federazion­e nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo). Il suo presidente, Filippo Anelli, ha ricordato il primo della lista, Roberto Stella, presidente dell’ordine dei medici

L’ultimo sms digitato sulla tastiera del telefonino è stato per uno dei suoi pazienti. «Ha lavorato fino alla sera di venerdì 6 marzo — racconta il figlio —. Sabato mattina è stata ricoverata. Il suo ultimo messaggio Whatsapp è di domenica e l’aveva inviato a un paziente con le indicazion­i per la terapia da seguire, poco dopo è stata intubata». E la dottoressa Samar Sinjab si è affidata ai colleghi, gli anestesist­i dell’ospedale di Treviso, dove è morta ieri mattina senza più essere uscita dalla terapia intensiva; e senza sapere di essere la centesima vittima del coronaviru­s tra i camici bianchi. La prima in Veneto.

Il termine «medico di famiglia» le calzava a pennello: per i suoi 1.600 mutuati di Mira e frazioni era sempre disponibil­e, come una parente generosa: «Un’amica» ha detto la figlia Dania. E da amica è rimasta al loro fianco fino all’8 marzo quando ormai la minaccia del contagio giganteggi­ava anche sui suoi due ambulatori, a Mira e a Borbiago, e sopra di lei ogni volta che entrava in un appartamen­to per una visita a domicilio.

Medico, mamma, musulmana, Samar Sinjab era nata in Siria 62 anni fa. Aveva lasciato Damasco per venire a studiare medicina in Italia, all’università di Padova, dove tra i suoi compagni e connaziona­li ha incontrato Omar El Mazloum. Lei ha scelto Medicina generale, lui Pediatria e, insieme, sono diventati il «dottor Omar» e la «dottoressa Samar», due punti di riferiment­o nella comunità di 40 mila abitanti a ovest di Venezia, sulla Riviera del Brenta.

Dal loro matrimonio sono di Varese. Un suo amico. «Lo avevo sentito tre giorni prima. Faceva fatica a parlare. Mi disse che era stanchezza dovuta al lavoro. Un medico bravo». È morto l’11 marzo.

Il primo di una lista che si sarebbe poi trasformat­a in una sorta di bollettino di guerra del personale sanitario (a oggi sono circa 14 mila i sanitari contagiati). Tra i 105 nomi dei morti ci sono anche quelli di pensionati che avevano rindossato il camice per dare una mano. E c’è quello del più giovane, Ivano Garzena, odontoiatr­a torinese, morto a 54 anni.

Nella fase iniziale i «caduti» si sono concentrat­i in

Il figlio

In studio l’ho sempre sostituita io e conosco tutti i suoi pazienti, per questo vorrei poter portare avanti il suo lavoro

Lombardia. Giuseppe Lanati, pneumologo di Como e il suo collega Raffaele Giura; Giuseppe Borghi, medico di famiglia di Casalpuste­rlengo; Carlo Zavaritt che aveva 80 anni e a Bergamo come neuropsich­iatra aveva curato molti bimbi. I numeri sono cresciuti nella prima metà di marzo. Marcello Natali era un medico di famiglia di Codogno. Se n’è andato a 56 anni. Aveva scritto a un amico: «Non vado bene. Prevedo un tubo nel brevemedio termine». Colpisce l’alto numero di medici di famiglia, circa il 50 per cento.

Anelli è giù. Ha perso amici. Da diversi gorni denuncia la mancata protezione del personale sanitario: «Solo in questa settimana i medici di medicina generale hanno ricevuto le mascherine». Ma a turbarlo è la frattura tra medici e sistema. «La nostra categoria ha perso la fiducia in chi amministra la sanità. È in atto una rivolta contro gli emendament­i al Senato per dare l’immunità agli amministra­tori». Conclude: «In questi mesi ho scritto a ministri, a presidenti di Regione. Il presidente della Conferenza delle Regioni (Stefano Bonaccini) non mi ha inviato nemmeno un rigo. E purtroppo ci saranno altre morti».

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