Corriere della Sera

Quanto manca per i test A chi potremo chiederli

Esami sierologic­i, oggi i primi risultati sulla validazion­e «A patto che siano gratis, li farà anche la sanità privata Prescrizio­ni dal medico di base, si andrà casa per casa»

- Clarida Salvatori

ha usato questo dispositiv­o portatile su oltre trecento pazienti in pochi giorni parla «di una sensibilit­à e di una praticità notevoli. Tutto quello che serve è una presa elettrica — spiega Bartoletti —. Non ci ha mai dato un problema, non si è mai rotto».

È in grado di distinguer­e tra negativi, positivi e chi ha sconfitto il virus?

Offre risposte ritenute attendibil­i su positività o negatività, tramite un valore numerico che indica gli anticorpi. Se le IGM sono elevate, l’infezione è presente. Se a essere alte sono invece le IGG, il contagio c’è stato ed è passato. Se poi entrambe le immunoglob­uline rientrano nei giusti parametri allora le ipotesi possono essere diverse: o il paziente non si è mai ammalato, o si è negativizz­ato.

Il test prevede un prelievo o basta una goccia di sangue?

Basta una sola goccia, prelevata dalla punta di un dito, proprio come accade per l’autoesame della glicemia. Da qui parte una specifica procedura. «Il siero va miscelato con una sostanza che attiva il sistema di amplificaz­ione. Poi va fatto “correre” su una spugnetta che si colora a seconda dei vari reagenti».

Quanto tempo occorre per i risultati?

Bastano otto minuti e il macchinari­o restituisc­e 50 risposte. Il tradiziona­le tampone impiega invece 8 ore. La differenza nella tempistica sta soprattutt­o nella modalità. L’esame orofaringe­o prevede infatti un prelievo, l’inseriment­o in apposite provette e infine i tempi di lavorazion­e.

Può aiutare la ripartenza? Se sì, come?

Rintraccia­ndo e isolando immediatam­ente nuovi focolai. «Ma sicurezze su questo virus non si hanno, neanche sulla possibilit­à di reinfettar­si».

Il test sierologic­o può chiederlo il medico di base. E può anche somministr­arlo. Coadiuvato, per estendere i controlli in maniera capillare, dalle strutture territoria­li. «Il punto vero sarà andare di palazzo in palazzo, di appartamen­to in appartamen­to —conclude Bartoletti —. Saranno fondamenta­li informazio­ne e prevenzion­e. E andare a scovare i sommersi. Lo abbiamo già fatto con la Sars nel 2013. La battaglia si vince con la fanteria».

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