I GIORNI INUTILMENTE BELLI DI UNA SETTIMANA DI PASSIONE
Caro Aldo, ho sessant’anni e non ricordo nella mia vita una settimana che sia stata davvero di Passione per l’italia come questa che stiamo vivendo. Fuori c’è il sole, eppure sono angosciata. Il risveglio della natura non mi dà quel senso di pace che mi dava una volta… Cristina Riccardi, Milano
Cara Cristina,
Molti di noi provano le sensazioni che lei racconta nella sua bella lettera.
È vero, la settimana santa è tradizionalmente il momento più intenso dell’anno nelle nostre vite interiori e spirituali, e non solo per i cattolici. Il clima è tiepido. A volte il cielo è spazzato da un vento impetuoso, quasi misterioso, per qualcuno mistico. Il pensiero della crocefissione e della resurrezione di Gesù ripropone a tutti, anche a coloro che non hanno il dono della fede, il mistero della sofferenza e della morte, che bussa ogni giorno in tv con il bollettino delle 18, e in molte famiglie si fa vivo con una fredda comunicazione che sostituisce il calore dell’addio.
Anche per chi non vive lutti personali, queste giornate di inizio primavera sembrano inutilmente stupende. Ci sono momenti in cui la dolcezza del clima e la bellezza delle nostre città e del nostro Paese sono quasi dolorose, perché non assecondano ma contraddicono il nostro stato d’animo angosciato.
Un anno fa in questi giorni ero a Gerusalemme. A un’ora di macchina, a Hebron, c’è la guerra; a due ore, a Gaza, c’è l’inferno; ma Gerusalemme è tranquilla, fuori dalla città vecchia aprono ristoranti fusion e locali di design. Il Santo Sepolcro era pieno di pellegrini, quasi tutti ortodossi, molti russi. Mi accompagnava l’ex custode, un francescano bergamasco (si chiama Pizzaballa come il portiere dell’atalanta, quello delle figurine, suo lontano parente), che mi diceva: «Le stagioni in cui noi cristiani qui eravamo al potere, al tempo dei bizantini e poi dei crociati, sono state le più difficili. Fiumi di sangue. Abbiamo dato il meglio quando siamo stati incudine, non martello».
Il progresso umano nasce dalla sofferenza, non dall’appagamento. Il Venerdì santo è anche il giorno in cui Dante comincia il suo viaggio ultraterreno: è al culmine della sua vita, ma si perde nella selva oscura, perché non è felice, perché ha paura del dolore e della morte. E scrive la «Divina Commedia».