Cambiano le regole Più Var per gli arbitri, Nuovo fallo di mano: ora conta l’ascella
Niente gol, niente formazioni, niente interviste, niente emozioni, niente delusioni, niente discussioni piacevolmente ripetitive: il pallone ha smesso di rotolare. Al suo posto, discussioni finanziarie, retributive, organizzative, sanitarie: soldi, stipendi, titoli, tamponi. Inevitabile, forse. Ma queste cose non accendono la fantasia del bambino nascosto dentro ogni adulto, quello che si entusiasma sentendo il colpo sul pallone e guardando il verde dell’erba.
Eppure, siamo sinceri: ci manca il calcio, in queste settimane di astinenza forzata? Meno di quanto immaginassimo. Se fosse così, sarebbe utile capire perché; e provare a pensare come divertirsi di nuovo insieme, appena possibile. Senza sbagliare. Perché lo sappiamo: la cadute sono dolorose, ma le ricadute possono essere disastrose.
Lo sport genera assuefazione. Gli sport nazionali provocano dipendenza, perché permettono di partecipare a un romanzo popolare collettivo. Solo se sai filosofeggiare su Totti e Baggio sei italiano; solo quando puoi parlare di basket Nba con un tassista di Filadelfia sei entrato dentro l’america.
Proprio dagli Usa possiamo partire. Nel 1994 la stagione di Major League Baseball iniziò in aprile, come al solito; nelle prime settimane tutto andò regolarmente. Poi, arrivò lo sciopero dei giocatori contro l’introduzione di un tetto salariale: durò 234 giorni, non si disputarono né i playoff né le finali (World Series). Stagione annullata: non era accaduto neppure durante la Guerra Mondiale.
Vivevo a Washington DC, quell’anno. Ricordo lo spaesamento iniziale dei conoscenti americani, e poi le ammissioni, molto simili, quasi imbarazzate: ehi, riusciamo a vivere
Il calcio è fermo, ma cambia. L’ifab (International Football Association Board), ovvero l’organo che stabilisce le regole del calcio, ha pubblicato le modifiche del regolamento che entreranno in vigore dall’1 giugno o, per quei campionati già cominciati, dalla prossima stagione. Le nuove regole riguardano la Var (foto), il fallo di mano su cui permangono lati oscuri, i rigori, i portieri e i cartellini. Gli arbitri verranno chiamati di più al monitor in campo, quando la valutazione di come Giovanni Raboni: i due abitavano nello stesso palazzo in via Paravia, a Milano, e andavano insieme a San Siro, lì vicino. «Qualche volta — leggo in un racconto di Massimo Raffaelli sul Manifesto — si univa a loro anche Maurizio Cucchi, terza corona poetica del tifo interista». Sereni seguiva le partite in piedi, a braccia conserte, muto e teso. Aveva un cuscino nerazzurro, ma non si sedeva mai. Sapeva raccontare il calcio, però. Tra le sue poesie c’è anche questa, scritta dopo un Inter-juve.
Il verde è sommerso in neroazzurri.
Ma le zebre venute di Piemonte sormontano riscosse a un hallalì squillato dietro barriere di folla.
Ne fanno un reame bianconero.
La passione fiorisce fazzoletti di colore sui petti delle donne. Giro di meriggio canoro, ti spezza un trillo estremo. A porte chiuse sei silenzio d’echi nella pioggia che tutto cancella.
«A porte chiuse sei silenzio d’echi». A porte chiuse, il calcio si spegne e scompare. Non facciamo errori, al momento di ripartire. Fidiamoci dei poeti: vedono lontano.