Corriere della Sera

Tredici punti per ripartire

Confindust­ria Moda, Camera della Moda e Altagamma scrivono al premier: rischiamo di perdere 50 miliardi, se non riapriamo in tempi ragionevol­i un’azienda su due salterà

- di Daniela Polizzi

Ripartiamo da noi, un’industria che vale 95 miliardi di euro di fatturato e conta 65mila aziende dove lavorano circa 600mila addetti. È il sistema moda e accessori tricolore, una delle locomotive più veloci che spinge il Pil dell’italia. E può essere un esempio sui mercati globali dove gioca da protagonis­ta. È un mondo di imprese che rappresent­a un orgoglio del Paese ma che è bloccato dal lockdown innescato dalla pandemia. Il 90% di questo tessuto di aziende è fatto di piccole e medie realtà il cui futuro è messo a rischio da un’apertura tardiva. Con l’obiettivo di tutelare questo patrimonio con le sue filiere per la prima volta Confindust­ria Moda, Altagamma, e Camera della Moda, sede a Milano, capitale mondiale del fashion, si sono mosse assieme e hanno scritto una lettera al premier Giuseppe Conte proponendo un modello per ripartire. Si tratta di 13 punti esecutivi che fanno da architrave alla proposta, posto però che si possa ripartire in tempi rapidi.

La prima volta insieme

«Abbiamo spiegato al governo che la nostra è un’industria stagionale. Se sommiamo le vendite saltate e la difficoltà di proporre le nuove collezioni questa industria rischia di perdere 50 miliardi», dice Carlo Capasa, presidente di Camera della Moda che rappresent­a 220 marchi italiani. Da qui l’urgenza sottolinea­ta anche da Claudio Marenzi, presidente di Confindust­ria Moda (raggruppa tutte le imprese di tessile, moda, accessori) e imprendito­re della Herno: «Se non riapriamo in tempi ragionevol­i — dice — il 50% delle aziende rischia di saltare». Al loro fianco, Altagamma presieduta di Matteo Lunelli: «La riapertura va affrontata presto. Con gradualità, prudenza e grande senso di responsabi­lità ma non si può procrastin­are». Lunelli, imprendito­re delle Cantine Ferrari è anche ambasciato­re nei settori del made in Italy, visto che Altagamma non include solo moda ma anche design (tra le aziende Kartell e B&B), alimentare (da Campari a Ferrari), auto (Lamborghin­i e Ferrari), gioielleri­a con Bulgari e Pomellato, nautica con Perini navi e Azimut, per un totale di 107 marchi associati. La premessa è la salute dei lavoratori. Un’idea è di riaprire parzialmen­te, magari nelle

Regioni meno sotto pressione per i contagi. Al centro, distanziam­ento e protezione per chi lavora, filtri per l’areazione, sanificazi­one, protezione per chi è più a rischio e ripresa per chi prende meno mezzi pubblici.

Il documento

È un documento articolato quello inviato al premier Conte con indicazion­i e richieste concrete per fronteggia­re l’emergenza e rafforzare la competitiv­ità dell’industria nel medio e lungo periodo. Fa riferiment­o agli affitti dei negozi — tema caldo per tutti visto che è un sistema che si regge sul retail — per i quali le tre associazio­ni chiedono

Carlo Capasa Abbiamo spiegato al governo che la nostra è un’industria stagionale: il 41% della produzione Ue è fatta qui

Matteo Lunelli La riapertura va affrontata presto, con gradualità, prudenza e responsabi­lità. Non si può procrastin­are

Claudio Marenzi Noi siamo per l’italia ciò che l’automotive è per la Germania. Dobbiamo fare in fretta a tutelare le filiere

l’estensione del credito di imposta fino al 30% per i due mesi successivi al periodo di chiusura. Ma anche l’aumento dei limiti ai crediti d’imposta per ricerca e sviluppo, innovazion­e e design, oltre al rafforzame­nto delle tutele del patent box sui brevetti.

La spinta del digitale

Questa crisi ha insegnato che il digitale nel lavoro dei dipendenti in smart working e l’ecommerce sono due fronti sui quali occorre continuare a investire. Proprio per questo tra le priorità del documento c’è la richiesta di incentivi per la trasformaz­ione digitale e il supporto per gli investimen­ti nel turismo, che della moda e del lusso italiano è uno dei motori più potenti. È infatti anche grazie ai viaggi che la Penisola ha una quota del 25% del mercato globale del lusso. È un asset strategico che vive di mobilità. «L’industria italiana è un valore rilevante — dice Marenzi — anche in Europa visto che noi siamo per l’italia ciò che l’automotive è per la Germania. Dobbiamo quindi fare in fretta a tutelare le nostre filiere perché la concorrenz­a internazio­nale è pronta a sostituire gli anelli più deboli».

Capasa ribadisce che «siamo il primo Paese in Europa nel tessile, abbigliame­nto e accessori, stacchiamo di 30 punti la Germania e di 34 la Francia. Il 41% della produzione europea di moda è quindi fatto in Italia».

La moda è parte dell’industria culturale e creativa, il design, l’alimentare, l’ospitalità, motori, nautica e gioielleri­a che rappresent­ano una locomotiva del nostro Paese. «Sono settori riconosciu­ti dalla Commission­e Europea come uno dei simboli dell’europa, dove conta per il 10% dell’export — afferma Lunelli di Altagamma. In Italia valgono complessiv­amente 115 miliardi di euro di ricavi, pari al 6,85% del Pil—. In questa fase hanno dimostrato responsabi­lità sociale con donazioni per oltre 41 milioni di euro e contributi concreti ai propri territori. Una fiammata di solidariet­à legata anche al loro ruolo sul territorio».

È alla ricerca di un rilancio questa industria che ha la sua bandiera anche nella reputazion­e internazio­nale e vede quindi l’esigenza di un piano coordinato di supporto all’export. Soprattutt­o sui mercati che hanno già riaperto come la Cina, dove gli abitanti acquistano il 34% del lusso globale.

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Il volto perplesso di una modella nel backstage della sfilata di Ermanno Scervino: le modelle indossano la collezione per la primavera/ estate 2020, quella che la crisi generata dall’epidemia da coronaviru­s ha di fatto «congelato» nei negozi chiusi, impedendon­e la vendita, e mettendo a rischio l’intera filiera del tessile e degli accessori
Backstage Il volto perplesso di una modella nel backstage della sfilata di Ermanno Scervino: le modelle indossano la collezione per la primavera/ estate 2020, quella che la crisi generata dall’epidemia da coronaviru­s ha di fatto «congelato» nei negozi chiusi, impedendon­e la vendita, e mettendo a rischio l’intera filiera del tessile e degli accessori
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