Tredici punti per ripartire
Confindustria Moda, Camera della Moda e Altagamma scrivono al premier: rischiamo di perdere 50 miliardi, se non riapriamo in tempi ragionevoli un’azienda su due salterà
Ripartiamo da noi, un’industria che vale 95 miliardi di euro di fatturato e conta 65mila aziende dove lavorano circa 600mila addetti. È il sistema moda e accessori tricolore, una delle locomotive più veloci che spinge il Pil dell’italia. E può essere un esempio sui mercati globali dove gioca da protagonista. È un mondo di imprese che rappresenta un orgoglio del Paese ma che è bloccato dal lockdown innescato dalla pandemia. Il 90% di questo tessuto di aziende è fatto di piccole e medie realtà il cui futuro è messo a rischio da un’apertura tardiva. Con l’obiettivo di tutelare questo patrimonio con le sue filiere per la prima volta Confindustria Moda, Altagamma, e Camera della Moda, sede a Milano, capitale mondiale del fashion, si sono mosse assieme e hanno scritto una lettera al premier Giuseppe Conte proponendo un modello per ripartire. Si tratta di 13 punti esecutivi che fanno da architrave alla proposta, posto però che si possa ripartire in tempi rapidi.
La prima volta insieme
«Abbiamo spiegato al governo che la nostra è un’industria stagionale. Se sommiamo le vendite saltate e la difficoltà di proporre le nuove collezioni questa industria rischia di perdere 50 miliardi», dice Carlo Capasa, presidente di Camera della Moda che rappresenta 220 marchi italiani. Da qui l’urgenza sottolineata anche da Claudio Marenzi, presidente di Confindustria Moda (raggruppa tutte le imprese di tessile, moda, accessori) e imprenditore della Herno: «Se non riapriamo in tempi ragionevoli — dice — il 50% delle aziende rischia di saltare». Al loro fianco, Altagamma presieduta di Matteo Lunelli: «La riapertura va affrontata presto. Con gradualità, prudenza e grande senso di responsabilità ma non si può procrastinare». Lunelli, imprenditore delle Cantine Ferrari è anche ambasciatore nei settori del made in Italy, visto che Altagamma non include solo moda ma anche design (tra le aziende Kartell e B&B), alimentare (da Campari a Ferrari), auto (Lamborghini e Ferrari), gioielleria con Bulgari e Pomellato, nautica con Perini navi e Azimut, per un totale di 107 marchi associati. La premessa è la salute dei lavoratori. Un’idea è di riaprire parzialmente, magari nelle
Regioni meno sotto pressione per i contagi. Al centro, distanziamento e protezione per chi lavora, filtri per l’areazione, sanificazione, protezione per chi è più a rischio e ripresa per chi prende meno mezzi pubblici.
Il documento
È un documento articolato quello inviato al premier Conte con indicazioni e richieste concrete per fronteggiare l’emergenza e rafforzare la competitività dell’industria nel medio e lungo periodo. Fa riferimento agli affitti dei negozi — tema caldo per tutti visto che è un sistema che si regge sul retail — per i quali le tre associazioni chiedono
Carlo Capasa Abbiamo spiegato al governo che la nostra è un’industria stagionale: il 41% della produzione Ue è fatta qui
Matteo Lunelli La riapertura va affrontata presto, con gradualità, prudenza e responsabilità. Non si può procrastinare
Claudio Marenzi Noi siamo per l’italia ciò che l’automotive è per la Germania. Dobbiamo fare in fretta a tutelare le filiere
l’estensione del credito di imposta fino al 30% per i due mesi successivi al periodo di chiusura. Ma anche l’aumento dei limiti ai crediti d’imposta per ricerca e sviluppo, innovazione e design, oltre al rafforzamento delle tutele del patent box sui brevetti.
La spinta del digitale
Questa crisi ha insegnato che il digitale nel lavoro dei dipendenti in smart working e l’ecommerce sono due fronti sui quali occorre continuare a investire. Proprio per questo tra le priorità del documento c’è la richiesta di incentivi per la trasformazione digitale e il supporto per gli investimenti nel turismo, che della moda e del lusso italiano è uno dei motori più potenti. È infatti anche grazie ai viaggi che la Penisola ha una quota del 25% del mercato globale del lusso. È un asset strategico che vive di mobilità. «L’industria italiana è un valore rilevante — dice Marenzi — anche in Europa visto che noi siamo per l’italia ciò che l’automotive è per la Germania. Dobbiamo quindi fare in fretta a tutelare le nostre filiere perché la concorrenza internazionale è pronta a sostituire gli anelli più deboli».
Capasa ribadisce che «siamo il primo Paese in Europa nel tessile, abbigliamento e accessori, stacchiamo di 30 punti la Germania e di 34 la Francia. Il 41% della produzione europea di moda è quindi fatto in Italia».
La moda è parte dell’industria culturale e creativa, il design, l’alimentare, l’ospitalità, motori, nautica e gioielleria che rappresentano una locomotiva del nostro Paese. «Sono settori riconosciuti dalla Commissione Europea come uno dei simboli dell’europa, dove conta per il 10% dell’export — afferma Lunelli di Altagamma. In Italia valgono complessivamente 115 miliardi di euro di ricavi, pari al 6,85% del Pil—. In questa fase hanno dimostrato responsabilità sociale con donazioni per oltre 41 milioni di euro e contributi concreti ai propri territori. Una fiammata di solidarietà legata anche al loro ruolo sul territorio».
È alla ricerca di un rilancio questa industria che ha la sua bandiera anche nella reputazione internazionale e vede quindi l’esigenza di un piano coordinato di supporto all’export. Soprattutto sui mercati che hanno già riaperto come la Cina, dove gli abitanti acquistano il 34% del lusso globale.