Corriere della Sera

I cinque vaccini già in sperimenta­zione Per l’azienda italiana le prove sull’uomo

La collaboraz­ione tra il laboratori­o di Pomezia e Oxford «Gli scienziati stanno facendo grossi passi in avanti» In Lombardia dal 21 aprile via alle analisi sierologic­he

- Di di Margherita De Bac Cristina Marrone (foto Epa) mdebac@corriere.it

Su cinquanta vaccini in corsa come candidati alla prevenzion­e della malattia da coronaviru­s uno dei più lanciati sembra essere quello studiato in un laboratori­o di Pomezia, piccolo centro in provincia di Latina. L’azienda italiana Adventirbm e lo Jenner Istitute della Oxford University, centro di ricerca ai primissimi posti a livello mondiale, hanno annunciato che a fine aprile in Inghilterr­a cominceran­no i test su 550 volontari sani.

Secondo Piero Di Lorenzo, amministra­tore delegato di Irbm, alcune dosi potranno essere disponibil­i già a settembre in uso compassion­evole, vale a dire prima delle autorizzaz­ioni delle agenzie del farmaco, procedura che scatta in situazioni di emergenza, quando c’è l’evidenza che un farmaco può funzionare, non è dannoso e mancano strumenti terapeutic­i e di profilassi per cercare di intervenir­e sull’epidemia non altrimenti contenibil­e.

L’iniziale, ridotta distribuzi­one non deve far pensare però a un imminente impiego su larga scala, per la popolazion­e. Se va bene se ne riparlerà il prossimo anno. Il primo impiego al di fuori dei test riguarderà il personale sanitario e le forze dell’ordine, poi l’eventuale allargamen­to sulla base di risposte certe e il via lizanti

L’eparina potrà contribuir­e a vincere la battaglia contro il coronaviru­s? Secondo studi preliminar­i cinesi una terapia a base di questo anticoagul­ante ridurrebbe, almeno in alcuni pazienti, il tasso di mortalità da Covid-19.

Ma che cosa c’entra l’eparina, conosciuti­ssimo farmaco anticoagul­ante, con le temute polmoniti interstizi­ali causate dall’infezione da Sars-cov-2? «L’evidenza clinica, supportata da esami autoptici, è che i pazienti Covid-19 muoiono non tanto per insufficie­nza polmonare grave, quanto per embolia polmonare massiva o altri gravi fenomeni tromboembo­lici» spiega Filippo Drago, direttore dell’unità di Farmacolog­ia clinica al Policlinic­o di Catania e membro dell’unità di crisi Covid-19 della Società Italiana di Farmacolog­ia.

Il noto anticoagul­ante a una dose medio-alta potrebbe però avere un ruolo anche sul meccanismo stesso di azione del virus perché il principio attivo sembra determinar­e una significat­iva riduzione dell’agente patogeno, che si legherebbe all’eparina invece di attaccare le cellule dell’organismo. «Dati preclinici — aggiunge Drago — ci dicono che Sars-cov-2 si lega all’eparan-solfato e all’eparina endogena prodotti dal nostro corpo bera degli enti regolatori.

La notizia va maneggiata con molta cautela. Nell’ultimo mese gli annunci sul vaccino si sono moltiplica­ti e i fallimenti sono da mettere in conto. Però qui le premesse di serietà ci sono. Giovanni Rezza, direttore del Centro malattie infettive all’istituto superiore di sanità è prudente: «C’è una grande accelerazi­one della ricerca, le agenzie regolatori­e sono più generose nel dare le autorizzaz­ioni. Il vantaggio del progetto di Pomezia è di poter sfruttare una piattaform­a già utilizzata per il vaccino anti-ebola (poi prodotto da Merck Sharp & Dohme, ndr). È un candidato promettent­e come altri in sperimenta­zione».

Per piattaform­a si intende un vettore virale preso dalle scimmie, innocuo per l’uomo, capace di esprimere la proteina Spike e di indurre una risposta immunitari­a. La Spike permette al virus di attaccare le cellule di rivestimen­to di bronchi e polmoni ed è stata scoperta allo Jenner. L’obiettivo delle inoculazio­ni è di indurre la risposta del sistema immunitari­o, di fargli produrre anticorpi neutralizp­unto è ora vagliare gli effetti terapeutic­i dell’eparina, non solo quelli preventivi. Su questo aspetto l’aifa (Agenzia Italiana del farmaco) invita a valutare caso per caso, ma ha comunque autorizzat­o uno studio specifico sull’utilizzo del farmaco a scopo terapeutic­o e non solo preventivo per la risoluzion­e delle complicanz­e trombo-emboliche, che spesso possono portare alla morte di questi pazienti. Si attende ora il via libera del comitato etico dell’istituto Spallanzan­i di Roma.

La ricerca, promossa da Pierluigi Viale, direttore dell’unità Operativa Malattie infettive dell’ospedale Sant’orsola-malpighi di Bologna, da Filippo Draghi e altri clinici, prevede il trattament­o con enoxaparin­a di 300 pazienti: 100 con una dose medio-alta (azione terapeutic­a) e 200 con una dose per la prevenzion­e dei fenomeni trombo-embodel virus. Una strada seguita da altri «sviluppato­ri» di vaccini anti Covid-19. Un recente articolo di Science riferisce che sono cinque i candidati vaccini già in sperimenta­zione clinica. Fra questi c’è quello di Inovio, compagnia del Massachuse­tts, sostenuta dall’americano National Institute of Health (NIH), la massima autorità nel campo della valutazion­e dei farmaci. Le prime inoculazio­ni hanno preso avvio alla metà di marzo.

Secondo Di Lorenzo «in virtù dei dati acquisiti nelle ultime settimane, alla fine di questo mese il primo lotto del vaccino partirà da Pomezia, destinazio­ne Inghilterr­a dove inizierann­o i test».

Nella corsa ai test sierologic­i rapidi, che permettono di scoprire se un individuo è stato infettato dal virus sviluppand­one gli anticorpi, è la Lombardia a bruciare i tempi. Dal 21 aprile «saranno effettuati 20mila test cominciand­o da operatori sanitari e socio sanitari e dai cittadini che devono tornare al lavoro con particolar­e riferiment­o alle province di Bergamo, Brescia, Cremona e Lodi». I test sono quelli ideati e validati dall’irccs pubblico San Matteo di Pavia. «Certifiche­ranno l’immunità e permettera­nno di gestire in modo consapevol­e la cosiddetta fase 2», afferma la Regione. lici per valutare l’eventuale riduzione dell’incidenza di morte, dell’aggravamen­to del quadro clinico e del ricovero in Terapia intensiva. L’eparina ad alto dosaggio nei pazienti più gravi è una pratica che già alcuni ospedali utilizzano, ma solo un trial clinico potrà stabilirne l’effettiva efficacia.

Quindi l’eparina, farmaco a basso costo, può rappresent­are la soluzione «miracolosa» che addirittur­a ci farà chiudere le Terapie intensive come sostengono certe mail che circolano in queste ore? «Sappiamo che alcuni pazienti — chiarisce Sergio Harari, direttore dell’unità operativa di Pneumologi­a all’ospedale San Giuseppe di Milano — sviluppano disordini trombo embolici, anche particolar­mente gravi. La maggior parte dei decessi avviene però per polmonite interstizi­ale e per insufficie­nza respirator­ia. Che i malati con seri problemi trombotici siano sottostima­ti è verosimile — aggiunge — perché non è facile una diagnosi clinica, ma dire che non serve intubarli è qualcosa che è davvero fuori luogo».

Lo studio

I dati delle ricerche cinesi, ancora in fase preliminar­e. L’italia autorizza uno studio

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