«Un piano di infrastrutture pubbliche per ridare lavoro e speranza al Paese»
Pietro Salini: ripartiamo in sicurezza coinvolgendo i sindacati
«Conviene dirci subito come stanno le cose: se non ripartono l’economia e la produzione industriale, non riusciremo a mantenere il nostro livello di vita, i nostri stipendi e le nostre pensioni, il welfare e i diritti che abbiamo faticosamente acquisito. Oggi c’è in gioco non solo il nostro presente, ma anche il nostro futuro e quello dei nostri figli. Dobbiamo muoverci in fretta pensando a un piano a breve e un piano a lungo termine, un New Deal coordinato con tutte le forze in campo, politiche, imprenditoriali, sociali. Una parte di questo ampio disegno è rappresentato da un programma di infrastrutture pubbliche per far ripartire il Paese, salvare l’occupazione, mantenere in vita migliaia di piccole imprese». Pietro Salini guida uno dei piu grandi gruppi di costruzione europei. «Siamo alle prese con una delle piu gravi crisi dell’economia di sempre, ma occorre comprendere da dove e come ripartire. E occorre comprendere che siamo entrati in una nuova normalità, in un’era di convivenza con questo virus, e che dovremo attrezzarci con un profondo cambiamento negli stili di vita e nei modelli organizzativi di lavoro e produzione. Ma non fermarci».
Da dove e come ripartire?
«Questa pandemia come tutti i cambiamenti improvvisi avrà effetti dirompenti. È necessario dare immediata risposta per la ripresa del lavoro. Nei cantieri noi siamo già ripartiti, o in alcuni casi non ci siamo mai fermati, con il coinvolgimento dei sindacati, adottando nuovi protocolli di sicurezza. E smart working
Pietro Salini, 62 anni, amministratore delegato di Saliniimpregilo, in procinto di chiamarsi We Build. Nel capitale sono presenti Cdp, Intesa, Banco Bpm, Unicredit per chi lavorava negli uffici».
Facile a dirsi, ma la paura dei lavoratori è palpabile
«Questa è una fase di emergenza in cui dobbiamo riorganizzare tutto in sicurezza. Ma quello che dobbiamo fare subito è anche guardare avanti per non perdere competitività in una economia globalizzata dove sarà difficilissimo recuperare quote di mercato. In Spagna stanno ripartendo le fabbriche. Negli Stati Uniti, dove abbiamo diversi cantieri, il lockdown collettivo non c’è mai stato, come in Germania. Il nemico che abbiamo dietro l’angolo è la disoccupazione, un impoverimento senza precedenti qualora riducessimo pesantemente il Pil e perdessimo ampie quote di mercato. Questa è una crisi che non si risolve solo attraverso nuovo debito. Questa è una chiamata alle armi, e dobbiamo mettere in campo tutte le nostre migliori risorse».
Come?
«Partendo da un grande piano per le infrastrutture per il breve termine e uno per il prossimo decennio, che guardi al 2030. Noi abbiamo continuato a lavorare in questo mese a Genova per il nuovo ponte Morandi. Alla Metro 4 di Milano, all’alta velocità Napoli-bari, al nuovo tracciato tra Catania e Palermo. Non basta. Serve molto di più. Ci sono 36 miliardi di euro di risorse ferme. Si rimuovano gli ostacoli burocratici, e si avviino i progetti. E contemporaneamente si creino nel sistema meccanismi per anticipare i pagamenti delle fatture, favorire l’indebitamento delle imprese, spostare le scadenze fiscali e contributive e immettere reale liquidità nel sistema per mantenere in vita tutta la filiera».
È un vecchio refrain quello delle opere pubbliche da avviare, cosa è mancato?
«Bisogna pensare al nostro settore come ad un’ambulanza che ha bisogno di una sirena e di bypassare tutti i semafori rossi. Perché i cantieri pubblici in questo momento sono da classificare come interventi emergenziali, con un sistema normativo che spesso viene interpretato in modo ostativo alla realizzazione delle opere. Ecco, dobbiamo ripartire dalla corretta interpretazione di norme finalizzate a fare, non a non fare».
d In gioco il nostro presente e il nostro futuro: agiamo in fretta
d Siamo entrati in una nuova normalità in cui dovremo convivere con il virus
Non sarebbe utile canalizzare anche il risparmio privato verso fondi e investitori istituzionali che possano scommettere sulle infrastrutture?
«Senza dubbio. Si scommetta sul Paese, si diano certezze nel rendimento e orizzonti di lungo termine, e sono sicuro che sarà possibile attivare il risparmio privato. Stiamo raccogliendo grande interesse di investitori internazionali per i nostri progetti».
Come vede con l’europa? il negoziato
«Non c’è un futuro dell’italia senza l’europa. E l’europa oggi ci sta aiutando. Ha messo a disposizione risorse enormi per l’occupazione, ha creato un fondo per le spese sanitarie senza condizionalità, la Bce sta sostenendo l’acquisto di titoli di Stato italiani, garantendo liquidità in misura gigantesca, una liquidità che sarebbe opportuno iniziare a utilizzare subito».
Dopo l’ok dei creditori al piano concordatario di Astaldi, ora parte We Build?
«Siamo molto contenti del risultato positivo della votazione dei creditori di Astaldi, ora serve l’omologa del Tribunale, e procedere poi ad ampliare il perimetro di Progetto Italia anche ad altre aziende che ne volessero far parte. Si attiverà di nuovo un sistema virtuoso su tutta la filiera».