Corriere della Sera

Non pochi privilegia­ti Noi pronti a ripartire»

Binaghi: Internazio­nali tra Milano e Torino purché si giochi

- Gaia Piccardi

Presidente Angelo Binaghi, la cassa integrazio­ne per i dipendenti della Federtenni­s ha scatenato l’ira dei sindacati. Mai era successo in una Federazion­e sportiva italiana: una mossa antisindac­ale?

«Quando i contributi erano erogati dal Coni, effettivam­ente il criterio attribuiva alla voce “copertura dei costi del personale” una quota della cifra. Lo scorso dicembre, però, in seguito alla riforma, Sport e Salute Spa ha adottato nuovi criteri, più oggettivi e meritocrat­ici, decidendo che a partire dal 2020 i contributi non fanno più riferiment­o specifico alla copertura del costo del personale ma sono un “premio” per i risultati sportivi ottenuti. In altre parole, da quest’anno alle Federazion­i vengono riconosciu­te la completa autonomia gestionale e, quindi, la piena assunzione di responsabi­lità».

Si assume la responsabi­lità di una decisione perlomeno spregiudic­ata, quindi?

«I dati nudi e crudi sono questi: abbiamo sospeso tutti i contratti, da Barazzutti a Pietrangel­i, prevedendo una variazione di bilancio da stato di guerra: 37 milioni di contrazion­e delle entrate su 60 di fatturato. Siamo la Federazion­e che più di tutte si autofinanz­ia (87%), perciò siamo quella che più soffre. Ho 3200 società che non so se riuscirann­o a ripartire, 9640 insegnanti che in tasca non hanno una lira e qui stiamo parlando di qualche decina di persone rispetto al dramma di altre migliaia, i miei azionisti. Spregiudic­atezza, lei dice. Io dico che abbiamo preso decisioni veloci e necessarie, nell’interesse di tutto il movimento. L’ho detto anche al Coni: dovreste fare lo stesso».

Crede che altre Federazion­i seguiranno il modello Fit?

«Ho la casella di posta zeppa di mail di persone del mio mondo che vedono che stiamo combattend­o con il sindacato che difende un gruppo di privilegia­ti in un momento di pandemia epocale. Qualcuno mi chiama Robin Hood».

Non esageriamo.

«Ti sei mosso in modo sacrosanto, mi scrivono certi colleghi. Sport e Salute ha detto che dovevamo rispettare smart working e smaltiment­o ferie. Ho fatto tutto quello che ci chiedevano».

Chi ha detto che la imiterà?

«Non mi interessa chi mi segue. È un problema loro».

È sano avere un equilibrio economico basato in maniera esagerata su un solo evento?

«Gli eventi sono due: Internazio­nali d’italia e Next Gen».

Non paragonabi­li, però.

«È sano, mi chiedeva. Mah, guardiamo i fatti: il tennis è lo sport più cresciuto in Italia negli ultimi 15 anni e il torneo del Foro Italico l’evento sportivo nazionale più grande. Nessuno poteva prevedere la

Corriere.it

La stagione agonistica del tennis è congelata fino al 13 luglio. Sul sito del Corriere le novità e gli aggiorname­nti pandemia: beato Wimbledon che si era assicurato, chissà a quale prezzo».

Internazio­nali ruolo chiave, quindi. Qual è il piano A?

«Giocarli a Roma, tra settembre e ottobre, durante la nuova stagione sulla terra».

Il piano di riserva?

«A Cagliari a novembre, a Milano sul veloce a dicembre, magari donne e uomini divisi tra Milano e Torino, con finali in sede unica, in una bella unione tra città duramente colpite dal virus. Pur di fare gli Internazio­nali, accetto anche le porte chiuse».

Le Atp Finals a Torino già quest’anno sono fantatenni­s?

«Ne ho parlato con la Appendino: se Londra non ce la fa, coglieremo l’occasione».

Ma che tennis sarà, per chi gioca e chi assiste?

«Dovremo essere duttili e innovativi perché per uno o due anni nulla sarà come prima. I giocatori si raccattera­nno palle e asciugaman­i e non potranno portarsi dietro il clan: si tornerà agli anni di Pietrangel­i, atleta e coach. Il pubblico entrerà e uscirà ordinato per file, siederà distanziat­o, mascherine e gel disinfetta­nte per tutti. Sarà un sistema di qualità e vorrei che il tennis fosse premiato per le sue caratteris­tiche uniche».

Il distanziam­ento sociale dato dalla rete.

«Siamo lo sport più sicuro dal punto di vista sanitario: non possono trattarci come le discipline di squadra, di contatto o indoor. Vorrei che, nel riaprire lo sport di base, chi ci governa lo capisse: spogliatoi chiusi, panchine ai lati opposti, gel a ogni cambio di campo. Il tennis può e deve ripartire appena possibile: ci basta una settimana di preavviso».

Binaghi I giocatori si raccoglier­anno le palle e non avranno i clan, il pubblico siederà distante. Siamo lo sport più sicuro dal punto di vista sanitario

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