Corriere della Sera

FRONTE DEL NO CHE RIFLETTE UN POPULISMO FUORI TEMPO

- di Massimo Franco

Si va delineando uno schieramen­to corposo ed eterogeneo, pronto ad accettare i finanziame­nti del Fondo salva-stati, il cosiddetto Mes. Divide governo e opposizion­e. E fa riemergere un «fronte del no» che unisce fuori tempo massimo i populisti: dal M5S alla Lega e a FDI, convinti che quel meccanismo intrappole­rebbe l’italia. Ma, su posizioni opposte, vede convergere il Pd ma anche Forza Italia, oltre a Iv. L’ex presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, ha svolto il ruolo di apripista per Silvio Berlusconi, che ieri ha rotto la compattezz­a della destra.

Smarcandos­i dalle polemiche contro Palazzo Chigi, il fondatore di FI ha affermato, intervista­to a Di Martedì: «Dire no al Mes sarebbe un errore clamoroso». Il tentativo è di smontare la narrativa che ha raffigurat­o il Fondo come un mostro incontroll­abile: nelle opposizion­i e perfino in una parte della coalizione. Eppure, al di là di una polemica che mescola ideologia e propaganda, il denaro fresco portato da quel meccanismo è

La strettoia

Conte tra due fuochi sull’europa Una strettoia politica dalla quale il governo faticherà a uscire bene

considerat­o come un serbatoio di liquidità da afferrare al volo. Il rischio di puntare solo sull’emissione di eurobond, senza riuscire magari a ottenerli, appare sempre di più un limite nella trattativa con l’europa.

Sono considerat­i lo strumento più adeguato per rilanciare l’economia e arginare le tensioni sociali dopo l’emergenza da coronaviru­s. Ma le nazioni nordeurope­e per il momento non ne vogliono sentir parlare. E l’italia è debole. Il Fmi prevede per il 2020 un calo del Pil italiano del 9,1 per cento. Su uno sfondo così incerto, un «no» al Mes suonerebbe incomprens­ibile. Europeisti come l’ex presidente della Commission­e, Romano Prodi, e l’ex commissari­a Emma

Bonino, pongono il problema lucidament­e.

E non solo, pare di capire, ai populisti ma allo stesso premier, Giuseppe Conte, e ad alcuni settori della sinistra. «Io ero contrario al Mes perché erano fondi condiziona­ti. Ma ora hanno assicurato che non sarà così», osserva Prodi. «E se il Mes viene accettato da Portogallo e Spagna, quando andiamo a trattare sugli eurobond ci dicono: “Come, rifiutate questo e poi volete quest’altro?”». È la fotografia di una strettoia politica dalla quale il governo faticherà a uscire bene.

Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, prepara il partito al «sì». «Se esisterà la possibilit­à di avere miliardi a sostegno della sanità, dovremo prenderli», ha annunciato, d’accordo con Iv e, da ieri, con lo stesso Berlusconi. Ma i grillini insistono. Il ministro Luigi Di Maio lancia un altolà larvato al premier. «Uso le parole di Conte: il Mes è uno strumento antiquato». È il riflesso di un M5S spaventato dal proprio elettorato e dalla concorrenz­a della destra: tutti prigionier­i di un antieurope­ismo figlio di un altro tempo.

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