E la metro a New York diventa «casa» degli homeless
343 contagiati
dal coronavirus tra i 63 mila senzatetto stimati nella città di New York. Una cifra parziale: pochi i tamponi fatti agli homeless
NEW YORK «Stay at home», restate a casa: un ordine impossibile da rispettare per chi una casa non ce l’ha. Negli shelter comunali gli homeless di New York vivono uno attaccato all’altro in condizioni igieniche assai precarie. I due metri di separazione prescritti dalle regole del distanziamento sociale sono un lusso che loro non si possono permettere. Più facile mantenere le distanze se si dorme sui marciapiedi, in scatole di cartone. In condizioni disastrose: non solo per la sporcizia, ma anche per la totale assenza di servizi igienici (i bagni pubblici sono chiusi così come bar, ristoranti e fast food). Fin qui, miracolosamente, la bomba biologica temuta da molti, non è esplosa: 20 morti e 343 infetti su una popolazione di 63 mila senzatetto (secondo i conteggi ufficiali, 78 mila in base a stime più realistiche). Numeri veri? Forse no: di tamponi agli homeless se fanno pochi. Ora, intanto le cose rischiano di degenerare per la rivolta del personale della metropolitana che paga un prezzo altissimo al Covid-19 (60 morti, 2.300 infetti e altri 4.000 dipendenti dell’mta in quarantena), ed è costretto a lavorare in una Subway divenuta anch’essa città sotterranea degli homeless. In superficie, poi, i detenuti per i reati meno gravi che vengono rilasciati dal penitenziario di Rickers Island per ridurre i rischi di contagio, spesso vanno ad affollare anche loro gli shelter comunali. Il sindaco Bill De Blasio cerca di correre ai ripari: aveva sistemato 3.500 senzatetto in camere di alberghi attualmente deserti e ora ne sta requisendo altre per 6.000 senza dimora. Un problema che non è solo di New York. A Los Angeles e San Francisco gli homeless sono una città nella città. Col governatore della California, Gavin Newsom, che ne ha già sistemati negli alberghi ben 15 mila.