Gaia e Camilla, le cause della tragedia «Determinante la velocità dell’auto»
Roma, i dettagli della perizia sull’incidente in Corso Francia. Un secondo in più e sarebbero salve
ROMA La misura della tragedia emerge dai dettagli della perizia: un secondo e mezzo in più e Gaia von Freymann e Camilla Romagnoli sarebbero state in salvo sul marciapiede. Un secondo e mezzo in più e Pietro Genovese, figlio del regista Paolo, sarebbe libero a casa sua.
Nessun dubbio che la notte fra il 21 e il 22 dicembre, in Corso Francia a Roma, Genovese abbia agito con «imprudenza, imperizia e negligenza» marciando, non completamente lucido (aveva bevuto e il suo tasso alcolemico era pari a 1,4), alla velocità di 90 chilometri orari, dove sarebbe stato necessario non superare i 50. Nessun dubbio che Gaia e Camilla stessero correndo, procedendo a una velocità pari a 3,5 metri al secondo (fra i 12,5 e i 17,3 chilometri orari). Ed ecco quel secondo e mezzo, cifra della disgrazia, spuntare dai calcoli del consulente della Procura, Mario Scipione: «Alla velocità costante di 50 chilometri orari — scrive — la Renault avrebbe percorso la distanza che la separava dai pedoni in circa 3,50 secondi e quindi sarebbe giunta nei pressi della zona di investimento con un tempo di ritardo di circa 1,5 secondi durante il quale i pedoni avrebbero completato l’attraversamento della carreggiata in direzione Roma centro».
L’esperto è riuscito, nel corso di una complessa simulazione e con l’aiuto delle telecamere di un «Compro oro» e di un distributore di benzina nei pressi, a individuare il punto dell’impatto, all’altezza del civico 177 di Corso Francia. «L’impatto — è scritto nel documento — si verificava fra il frontale dell’autovettura e i fianchi dei pedoni e si concretizzava nella corsia sinistra di Corso Francia in direzione
Roma centro, nei pressi dell’inizio del guardrail posto a separazione delle due carreggiate». Le ragazze sono lontane dalle strisce pedonali, 18 metri più in là. Il cofano della Renault Koleos rientra di vari centimetri, accartocciato come in seguito a un tamponamento. Le foto del perito lo mostrano deformato e inservibile ma indispensabile per misurare l’impatto e calcolare la velocità di marcia del veicolo, altrimenti impossibili da ricavare. Nonostante questo la vettura cammina ancora: circa duecento metri prima di fermarsi su input di uno dei passeggeri.
Il nesso fra velocità e incidente non è in discussione: «La velocità di marcia della Renault — si legge ancora — ha avuto un’incidenza causale con l’incidente stradale: il sinistro non si sarebbe verificato se Genovese avesse marciato alla velocità massima di 50 chilometri orari». La tragedia di Gaia e Camilla deriva dall’eccesso di velocità.
Resta ignoto, mai identificato,
L’inchiesta
Per Pietro Genovese è stato chiesto il giudizio immediato: è accusato di omicidio stradale
il guidatore della vettura bianca ripresa dalle telecamere del «Compro Oro» che un secondo prima, con una frenata repentina, era riuscito a evitare Gaia e Camilla. Nessuna evidenza di un malfunzionamento del semaforo come pure di un’illuminazione scarsa e dunque, per così dire, «complice» della tragedia. Secondo Scipione, almeno in quel tratto, era sufficiente.
Nei giorni scorsi il procuratore aggiunto Nunzia D’elia e il suo sostituto Roberto Felici hanno chiesto il processo immediato per Pietro Genovese, accusandolo di omicidio stradale e di violazione dell’obbligo di fermarsi in caso di incidente. La parola ora passa al giudice per le indagini preliminari.
«La consulenza — dice Franco Moretti che assiste la mamma di Gaia, Gabriella Saracino — dimostra l’evidente responsabilità di Genovese per la morte delle ragazze».