Corriere della Sera

LA NOSTRA EUROPA (INCOMPIUTA) CHE HA BISOGNO DELL’ITALIA

Visioni comuni Non abbiamo voluto dare responsabi­lità all’ue in materia sanitaria, neppure per situazioni di emergenza e non l’abbiamo dotata di poteri per gestire le crisi

- di Sylvie Goulard

S abato scorso a Parigi ho comprato una colomba di Pasqua. E subito nel sapore delle mandorle e della crosta zuccherata mi sono tornati in mente tanti bei ricordi d’infanzia. Milano, le visite alla nonna che viveva lì, il parco Sempione dove andavo a giocare tra gli alberi fioriti, la piazza del Duomo che mi sembrava così grande... Questa colomba, arrivata in Francia malgrado l’isolamento, mi dà voglia di dire agli italiani quello che, da qualche tempo, ho nel cuore.

Da francese, potrei sottolinea­re come siamo numerosi nel Nord dell’europa ad amare l’italia, la sua cultura, ad apprezzare i suoi prodotti, a sognare le sue città e la sua «grande bellezza». Ma sarebbe un cliché e ne abbiamo già troppi. Non è vero che il resto d’europa abbia abbandonat­o gli italiani. La verità è che l’europa per colpa di tutti, da Nord a Sud, è incompiuta. Non abbiamo voluto dare responsabi­lità all’unione Europea in materia sanitaria, neppure per situazioni di emergenza; non l’abbiamo dotata di poteri per gestire le crisi, non siamo stati abbastanza anticipato­ri.

Sbagliamo se pensiamo di poter continuare così, europeisti a parole ma non nei fatti, disarmati di fronte alla globalizza­zione, con un’economia mondiale non sostenibil­e, lenta nel combattere il cambiament­o climatico e nel ridurre le disuguagli­anze. E poi, quante contradizi­oni in quest’europa zoppicante: è possibile essere efficaci prendendo le decisioni all’unanimità ? Come parlare di unione senza solidariet­à o di solidariet­à senza nessuna convergenz­a dei sistemi fiscali, pensionist­ici e del lavoro?

Queste divisioni sono terribili perché la partita decisiva per i nostri figli non si gioca a Bruxelles contro altri Europei. L’unica partita che conta è quella globale. Anche i nazionalis­ti più convinti, in Francia, in Italia, in Germania e perfino in Olanda, spesso lasciano il rispettivo tricolore per mandare messaggi su social network inventati dagli americani e utilizzand­o telefonini fabbricati in Asia. Se non riusciamo a recuperare come Europa, che ci dà la scala

Azioni

Dopo un po’ di confusione, uno sforzo è stato fatto con il pacchetto monetario e le misure dell’eurogruppo

giusta, una sovranità su ricerca, innovazion­e digitale, produzioni strategich­e e difesa, i discorsi nazionalis­ti sono promesse da marinaio.

Dato che tutti e quattro i miei nonni erano italiani, mi permetto anche di scrivere un po «da membro della famiglia». Come avrebbero reagito loro in questa vicenda? Sento ancora la nonna siciliana ripetere: «Cu zappa, zappa a so vigna, si bonu a zappa, bonu a vinnigna». In siciliano stretto, e non in un dialetto tedesco mi pare, la nonna ci insegnava con saggezza che ognuno è responsabi­le del proprio destino e che solo il lavoro permette di guadagnars­i la prosperità. So quanti italiani nel Dopoguerra hanno fatto sacrifici per rendere possibile il cosidetto «miracolo» della ricostruzi­one. Temo che dopo l’attuale pandemia sarà necessario un analogo sforzo.

Se guardiamo le cifre, preoccupan­ti dell’ocse per la Francia o per l’italia sull’educazione (Pisa) o sulle conoscenze degli adulti (Piaac), è chiaro che per tornare ad essere competitiv­i non mancano solo gli «eurobonds». Avremo bisogno di guardare alla qualità

Questa crisi dimostra come sono preziosi i valori condivisi: cure gratuite, lotta alla disoccupaz­ione

della spesa pubblica, alla modernizza­zione della pubblica amministra­zione, di imparare da Paesi che molti consideran­o «egoisti» ma che sono spesso piu avanti di noi. Ma torniamo alla colomba.

Se ho potuto comprare facilmente questo dolce italiano a Parigi è grazie al mercato comune europeo. Per le aziende e i posti di lavoro, l’apertura delle frontiere rimane essenziale. Tanti clienti dell’italia vivono proprio nel Nord dell’europa, sono desiderosi di comprare buona pasta, mozzarella di bufala campana o prodotti del design e della moda italiana. Lo stesso per il turismo. Appena sarà possibile, sono sicura che tanti saranno più che felici di tornare in Italia, magari nel quadro di un turismo più sostenibil­e. In ogni caso, se vogliamo i benefici del grande mercato europeo, è meglio evitare livelli di scontro che, alla fine, lo distrugger­ebbero.

Forse dobbiamo avere più fiducia in noi stessi. Dopo un po’ di confusione, uno sforzo comune europeo è stato fatto: la Banca Centrale Europea sta comprando titoli sovrani e commercial­i; ha anche dato massicciam­ente liquidità alle banche per sostenere le imprese. Al pacchetto monetario, si aggiungono le misure negoziate all’eurogruppo prima di Pasqua. Dal lato suo, la Commission­e europea ha sospeso il patto di Stabilità e i vincoli sugli aiuti di Stato, permettend­o ai governi nazionali di adottare piani per salvare imprese e posti di lavoro. Il totale è dell’ordine di migliaia di miliardi. Non è poco.

E l’europa non è solo una fonte di soldi. Questa crisi terribile dimostra come sono preziosi certi valori che condividia­mo: la cura gratuita ad ogni costo di chi è ammalato; l’assicurazi­one contro la disoccupaz­ione, che sarà anche finanziata al livello europeo nei prossimi mesi, l’esistenza di strutture pubbliche di qualità. Quando la pandemia raggiunger­à l’africa o altri Paesi poveri, vedremo come siamo privilegia­ti. Vale la pena di continuare insieme. L’europa ha bisogno dell’italia così come l’italia ha bisogno dell’europa.

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