E ANCHE IL GLOBALISTA MACRON PARLÒ DI «INDIPENDENZA»
Caro Aldo,
Emmanuel Macron, nel solco della «politique d’abord, l’intendance suivra», cara a de Gaulle e a Mitterrand, ha indicato ai francesi una data certa per la ripresa, l’11 maggio. E ha tracciato la strada, spronando il Paese a compiere uno sforzo collettivo per vincere la guerra contro il Covid-19.
Caro Pietro,
L a Francia di Macron si è trovata in una situazione mediana tra il disastro italiano e spagnolo e l’ottima tenuta della Germania. Il presidente e il suo governo hanno commesso alcuni errori: non hanno sfruttato il vantaggio temporale rispetto al nostro Paese per fare scorta di mascherine e altro materiale; e non hanno rinviato il primo turno delle elezioni comunali. Per il resto, il sistema francese — più centralizzato e più stabile politicamente di quello italiano — ha consentito di agire con una certa efficacia.
La vera parola-chiave del discorso di Pasquetta, a parte la notizia della ripartenza (scuole comprese) l’11 maggio, è «indépendance». Uno come Macron non poteva dire «sovranità»: ma il concetto non è così lontano. «Dobbiamo ricostruire l’indipendenza agricola, industriale e tecnologica francese» ha detto testualmente, coinvolgendo l’europa ma cominciando nei confini nazionali. Questo significa non delegare alla Cina la produzione di materiale sanitario e medicinali e neppure il progresso delle telecomunicazioni, del digitale e della sicurezza cibernetica. È una sfida enorme che non richiede solo parole; ma che lo dica il presidente della «globalizzazione felice» è significativo. Anche perché Macron ha aggiunto: «Il nostro Paese si sostiene grazie a uomini e donne che il nostro sistema economico riconosce poco e paga male». Uno potrebbe rispondergli: te ne accorgi soltanto ora? Ma è meglio tardi che mai.
Macron ha individuato una prima linea — infermieri, medici, forze dell’ordine, volontari delle ambulanze, militari, addetti alla sicurezza — e una seconda linea: farmacisti, fattorini delle consegne, contadini, tassisti, tranvieri, ferrovieri, piloti, operai e tecnici delle aziende alimentari e farmaceutiche… In questa seconda linea ha citato anche i giornalisti, che — per quanto ampiamente detestati — in questa crisi forse non hanno avuto soltanto demeriti.