«La tv salvi il teatro»
Il mondo della prosa colpito dall’emergenza sanitaria Gli appelli di registi e attori, da Lavia a Popolizio: non solo repliche, la Rai produca nuovi spettacoli
I l mondo del teatro in rivolta. Le sale teatrali saranno forse le ultime a poter riaprire al pubblico, per gli ostacoli legati alla salute pubblica. Ben vengano, per ora, le letture o le recite in streaming gratis, ma i teatranti devono lavorare ed essere pagati. In che modo poter riprendere l’attività? Nascono appelli e proposte rivolti alla Rai e non solo.
Lungo è elenco di firmatari per l’appello promosso dal regista Piero Maccarinelli, indirizzato all’ad della tv pubblica Salini, e per conoscenza al Presidente Mattarella e al ministro Franceschini, dove si propone di trasmettere ogni giorno sui canali tematici o una volta a settimana su quelli generalisti, le riprese integrali, già realizzate dalla Rai, di spettacoli teatrali: «Si offrirebbe al pubblico — spiega Maccarinelli — una panoramica efficace della qualità del teatro contemporaneo».
Il regista Luca De Fusco lancia una proposta ancor più operativa e articolata: «In questo momento di stasi, perché la Rai non assume il suo ruolo di servizio pubblico e, invece di limitarsi a riproporre repliche di vecchie produzioni, torna a produrre spettacoli ad hoc per la tv e per la radio? La gente non potrà più andare a teatro per molto tempo e allora, anche chi a teatro non è mai andato potrebbe godersi ottimi prodotti realizzati proprio per il mezzo. Si sfamerebbero attori, registi, maestranze e chi ha fame di teatro, un pubblico non trascurabile».
Un progetto, quello di De Fusco, per coinvolgere anche Teatri Nazionali, Tric e il Mibact. «È importante far rinascere l’antica tradizione della Rai — ragiona Gabriele Lavia
— di proporre opere del grande repertorio: non gli spettacoli ripresi dal palcoscenico, un modo per risparmiare con risultati artistici modesti, ma quelli creati appositamente sui set per il piccolo schermo». Concorda Elisabetta Pozzi: «Sono contraria alle riprese tv dal palcoscenico: un conto è recitare sul palco, dove non c’è il primo piano, un conto per la telecamera. La rappresentazione teatrale concepita come opera televisiva è un buon compromesso per superare la crisi attuale».
Per Massimo Popolizio dovrebbe diventare un impegno sistematico: «Si può creare un vero cartellone teatrale. Nella stagione estiva, si potrebbe girare non solo nei centri di produzione Rai, ma nei teatri all’aperto che, privi di pubblico, diventerebbero dei set, rispettando le distanze sanitarie». Il Teatro della Pergola di Firenze sarebbe adattissimo: «È pieno di sale e salette: una città nella città», dice il direttore generale Marco Giorgetti.
Luca Barbareschi sottolinea: «Oltre al repertorio classico, promuovere autori contemporanei, generando una nuova library tv». Lina Sastri allunga il tiro: «Rai e anche Mediaset potrebbero mettere in gioco mezzi che oggi sono tecnicamente più avanzati, rispetto al passato». Aggiunge Filippo Fonsatti (direttore Stabile Torino): «La tecnologia digitale fornisce strumenti per rendere tali prodotti più adattabili alle aspettative dei telespettatori».
Silvia Calandrelli (Rai Cultura e Rai3) afferma: «È un dovere del servizio pubblico, un atto d’amore per il nostro pubblico. La televisione porta un numero alto di spettatori che un teatro non potrebbe mai contenere. Il distanziamento sanitario è importante, la parola chiave è reinventarsi». I produttori audiovisivi che ne pensano? Per Giancarlo Leone, presidente dell’apa, è «un’idea eccellente che recupera un ruolo fondamentale della Rai nella diffusione culturale, con la partecipazione anche di produttori indipendenti. Per farlo in sicurezza il sistema più semplice è sostituire il pubblico con le telecamere». Ma il pubblico televisivo sarebbe interessato? Ribatte Leone: «Chi si trincera dietro l’elitarietà del linguaggio culturale, considerandolo un ostacolo alla fruizione, ha una visione arretrata e distorta della platea dell’audiovisivo. I contenuti di qualità hanno sempre il pubblico necessario».
Conclude Eros Pagni: «Ho 81 anni, sono papabile per il virus, ma aderisco alla proposta. Altrimenti, la disoccupazione è un baratro per tutti».