Per i piccoli 1,7 miliardi
Mentre il governo lavora al prossimo decreto legge per dare nuovi sostegni all’economia, emerge l’insufficienza degli strumenti messi in campo, oltre le difficoltà procedurali che ne allungano i tempi.
Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, dopo l’approvazione del decreto legge 23 sulla liquidità alle imprese, lo scorso 6 aprile, annunciò finanziamenti per fornire la garanzia pubblica su un volume di prestiti delle banche alle imprese che poteva arrivare fino a 400 miliardi di euro. Solo che la lettura della relazione tecnica che accompagna il decreto 23 chiarisce che le risorse fresche ammontano ad appena un miliardo, quelle assegnate dall’articolo 1 alla Sace per le garanzie, in particolare sui prestiti alle grandi imprese. A questo miliardo si può al massimo sommare 1,7 miliardi di rifinanziamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, già stanziati nel decreto Cura Italia del 17 marzo, che vengono assorbiti dall’articolo 13 del decreto liquidità. In tutto 2,7 miliardi. Che, anche ipotizzando la leva più generosa (non si va mai oltre 20), non potrebbero mai sviluppare una potenza di fuoco tale da garantire 400 miliardi di euro di prestiti.
Il problema era stato subito sollevato da esponenti dell’opposizione, come Renato Brunetta di Forza Italia, e da esperti come l’ex sottosegretario all’economia, Enrico Zanetti. Il governo ovviamente sa come stanno le cose, tanto è vero che il ministro dell’economia Roberto Gualtieri, già nella conferenza stampa del 6 aprile spiegò, tra le righe, che «con il decreto di aprile (cioè il prossimo, quello che dovrebbe arrivare entro il mese, ndr) ci saranno 30 miliardi a sostegno di queste garanzie». Miliardi che appunto ora non ci sono e che giustificherebconsiglio
Le misure
L’articolo 1 del decreto liquidità «istituisce un Fondo con una dotazione iniziale di un miliardo di euro» per le garanzie Sace. Altri 1,7 miliardi vanno al Fondo di garanzia per le pmi.