«Giusto spendere adesso Una stretta di bilancio farebbe danni maggiori»
Parla Gita Gopinath, capo-economista del Fmi
Gita Gopinath, nata a Calcutta 48 anni fa, un dottorato a Princeton con Ben Bernanke, dal 2018 è capo-economista del Fondo monetario internazionale. Dal suo ufficio ha appena messo a punto, prima a farlo per le istituzioni internazionali, delle previsioni che dipingono il quadro di una catastrofe economica dovuta a Covid-19. Eppure Stati Uniti e Cina sembrano tenere un po’ meglio dell’europa.
Il relativo ritardo europeo si spiega con il fatto che la reazione di spesa della Casa Bianca e di Pechino è stata più decisa?
«Le riduzioni nelle stime per gli Stati Uniti e l’area euro sono più o meno uguali. Quella per l’area euro è dell’1% più profonda, ma l’incertezza è simile ovunque: la differenza è che il punto di partenza come crescita potenziale è più basso in Europa. Paesi come l’italia e la Spagna dipendono molto da alcuni dei settori colpiti più direttamente dal distanziamento sociale: turismo, accoglienza, tempo libero. E l’europa conta Paesi molto esposti al commercio internazionale, come la Germania».
Teme che i mercati tornino a dubitare del futuro dell’euro, se i governi dell’area non rispondo in modo convincente alla crisi?
«Prima di tutto, va riconosciuto l’enorme sostegno che la Banca centrale europea ha già dato. È fondamentale nell’assicurare che i governi e le aziende siano in grado di continuare a finanziarsi a tassi bassi. Accogliamo molto positivamente le misure annunciate di recente dall’eurogruppo: valgono il 4% del prodotto lordo dell’area. Quelle decisioni aiutano le imprese, le famiglie e la sanità nei Paesi della zona euro. Anche i singoli governi stanno facendo molto. Ma noi diciamo — come si riconosce anche nell’unione europea e nell’area euro — che questa crisi richiederà una risposta oltre il solo livello nazionale. Ci vuole una risposta a livello della Ue e dell’area euro, soprattutto per assicurare che i Paesi siano in grado di offrire le risposte giuste in questa fase. Una risposta europea significativa è necessaria. Se ne parla molto e si stanno muovendo dei passi. Mi aspetto che si faccia di più».
L’italia ha un debito pubblico molto alto, ma sta reagendo alla recessione con forti misure espansive. Vede un limite?
«Questa è una crisi unica. Lo choc non nasce nell’economia, non è una questione di indisciplina di bilancio questa volta. È il momento di usare la spesa pubblica e del resto l’italia viene sostenuta dalla
Bce, che garantisce bassi costi del nuovo indebitamento».
Vedremo più debito nei bilanci pubblici e tensioni in quelli privati. Ma se aziende sostenibili vengono fermate per la crisi sanitaria, è difendibile l’idea di sostenerle
La questione riguarda il dopo, quando il debito sarà salito ancora. Non trova?
«Finché gli interessi restano bassi e abbiamo il tipo di ripresa che stiamo prevedendo, possiamo aspettarci che il debito scenda lentamente. Certo, potrebbero esserci scenari peggiori e soprattutto per Paesi che hanno già alti livelli di debito e una crescita potenziale più bassa sono più vulnerabili. È rassicurante che di fronte a pressioni di bilancio del passato, come durante la crisi finanziaria e la crisi dell’euro, l’italia abbia reagito con una prudenza di bilancio che ha preservato la fiducia del mercato. Ma in questa fase, l’alternativa con una risposta più debole del governo sarebbe probabilmente una contrazione dell’economia molto più grande e una ripresa più debole una volta finita la crisi sanitaria».
Per Mario Draghi livelli di debito pubblico elevati saranno «una caratteristica permanente delle nostre economie e verranno accompagnati da cancellazione del debito privato». Concorda?
«Il panorama economico alla fine della crisi vedrà molto più debito nei bilanci pubblici e ci saranno tensioni anche in quelli privati. Non credo ci siano dubbi in proposito. La questione è come gestire tutto questo. Se aziende sostenibili vengono fermate per la crisi sanitaria, è difendibile l’idea di sostenerle in questa fase e di dar loro il necessario sollievo».
C’è chi pensa che le banche centrali debbano monetizzare tutto questo debito.
«Prima c’è il processo più classico di prendere in prestito sul mercato, che è quel che i governi stanno facendo. Dati i tassi bassi, è il canale giusto. Le banche centrali hanno un mandato di garantire che la disoccupazione sia bassa e l’inflazione vicina all’obiettivo e, dato ciò, stanno facendo ciò che serve per sostenere l’economia. Ora stanno comprando titoli pubblici sul mercato secondario ed è la cosa giusta da fare, ma non è la stessa cosa che monetizzare. In questo senso il coordinamento fra politica monetaria e fiscale ha del tutto senso».