Corriere della Sera

Ora big tech vuole gratitudin­e

- di Massimo Gaggi

Come sarebbero le nostre vite di reclusi in casa senza Google che ha una risposta per tutto, senza Youtube (sempre Alphabet-google), senza le consegne di Amazon, senza la tecnologia (iphone e altro) di Apple, senza i canali di Facebook e Instagram per dialogare con amici e parenti, senza i pranzi familiari a distanza via Zoom, senza i film e le serie di Netflix? Sarebbero più complicate e tristi. Quindi è arrivata l’ora di mostrare un po’ di gratitudin­e per le compagnie di big tech. I giganti della tecnologia un tempo idolatrati, poi criticati per le grandi concentraz­ioni di ricchezza e le violazioni della privacy, infine demonizzat­i per le interferen­ze (in genere colpose, non dolose) nella politica, lo sfruttamen­to dei dati privati degli utenti e lo scarso controllo delle fake news, hanno dovuto difendersi per anni dalle critiche: dagli attacchi feroci della stampa ai manager processati in diretta tv dal Congresso. Aziende assediate? Macché, la contestazi­one l’avevano in casa: dalle proteste planetarie dei dipendenti di Google, alle rivolte di quelli di Facebook. Alla fine il capo, Mark Zuckerberg, e i suoi pari avevano gettato la spugna: «Dateci regole ragionevol­i e le rispettere­mo». Mentre i politici già si chiedevano come riattivare norme antitrust finite per decenni su un binario morto.il coronaviru­s ha cambiato tutto: politica tramortita, scavalcata dagli eventi; fine delle assemblee accaldate di dipendenti che ora lavorano da casa, spesso con nuove priorità; necessità di utilizzare i dati degli utenti nella lotta contro la pandemia che riduce la sensibilit­à per la privacy. Da tempo le imprese pensano che tutto ciò potrebbe capovolger­e di nuovo gli umori del pubblico e della politica a loro favore. Ora a dirlo esplicitam­ente è uno che conta: l’ex capo di Google, Eric Schmidt, sempre molto influente in Silicon Valley e nel mondo politico: «È ora di mostrare un po’ di gratitudin­e per i grandi gruppi digitali». E, già che c’è, spiega che sotto accusa non va messa big tech ma il governo Usa che ha cominciato a combattere il virus con un mese di ritardo e poi ha dovuto chiedere aiuto alle imprese.tutto vero. Salvo che con l’epidemia che pone in termini nuovi il problema dell’equilibrio tra salute e libertà e che stravolge l’economia con enormi e ubique immissioni di denaro pubblico, diventa più urgente che mai fissare regole e, se si riesce ad avere un po’ di lucidità e consenso, nuovi modelli.

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