Scommessa sulla speranza
Jared Diamond a «la Lettura»: sono ottimista, purché i popoli riescano a cooperare
Cauto ottimismo: è lo stato d’animo con cui Jared Diamond guarda al mondo e al futuro. «Quando mi chiedono se sono ottimista o pessimista, io rispondo sempre che sono un ottimista cauto, che le probabilità sono 49% di fallire e 51% che ce la faremo» spiega Diamond allo scrittore Paolo Giordano che lo intervista sul nuovo numero de «la Lettura», il #438, in edicola nel fine settimana (fino a sabato 25 aprile), e nell’app per smartphone e tablet (scaricabile da App Store, per iphone e ipad, e da Google Play, per Android).
L’intervista all’ ottantaduenne studioso e divulgatore scientifico americano, tra i più lucidi osservatori dei comportamenti sociali, apre il supplemento. Diamond — premio Pulitzer con il saggio Armi, acciaio e malattie (Einaudi, 1998) in cui racconta quando sono nate, perché e come si sono diffuse le epidemie — ha una sua idea su come affrontare l’emergenza: «Ciò di cui abbiamo bisogno contro il coronavirus è uno sforzo mondiale. La crisi non può essere risolta dai Paesi separatamente». E aggiunge: «Se anche l’italia e la Spagna e il Regno Unito e gli Stati Uniti risolvessero il “loro” problema con il virus, ma il virus continuasse a esistere in Grecia o nello Zambia, il mondo intero s’infetterebbe da capo». L’invito è, quindi, a collaborare (e a non smettere di farlo).
Giordano, scrittore premio Strega 2008 con La solitudine dei numeri primi (Mondadori), interpella Diamond sulla questione del cambiamento climatico, tema affrontato dallo studioso in un’altra sua importante opera Collasso (Einaudi, 2005). Emergenza sanitaria e attenzione al clima sono parti di uno stesso problema. «Vedo due ipotesi opposte — spiega Diamond —: la pandemia ci apre gli occhi su quel che sta avvenendo tra la specie umana e il resto del pianeta, oppure la pandemia assorbe tutte le preoccupazioni in sé stessa e il climate change torna in fondo alla lista delle nostre priorità».
Per Diamond, la cui opera più recente è Crisi. Come rinascono le nazioni (Einaudi, 2019), occorre uno sforzo di consapevolezza: «Il virus non è l’unico problema del pianeta ma solo il più evidente». Nell’intervista, realizzata via Skype qualche giorno fa, Diamond spazia dalle riflessioni sulle generazioni alle forme di governo, dalle regole dei social network ai comportamenti delle società tradizionali. Proprio da lì viene l’idea di «paranoia costruttiva» appresa in Nuova Guinea e fatta propria dallo studioso. Un comportamento che ora, per via del Covid-19, lo spinge a essere prudente, ovvero, dice lui, «resto in casa, non incontro nessuno».
Ancora, Luigi Ippolito intervista lo storico Peter Frankopan, autore di Le vie della seta (Mondadori), che in un intervento dell’anno scorso aveva messo in guardia dall’arrivo di una pandemia dall’asia: quasi una profezia.
Sempre su «la Lettura» una personale previsione di ottimismo rispetto alla situazione attuale arriva anche da Francesco Piccolo, scrittore che porta avanti questa settimana il Diario d’autore del supplemento. Giunta alla quarta tappa, la narrazione autobiografica dei giorni del virus è partita con Sandro Veronesi, proseguita con Mauro Covacich (che aveva lanciato l’idea) e con Silvia Avallone; nelle settimane prossime vedrà susseguirsi, nell’ordine, Fabio Genovesi, Emanuele Trevi, Teresa Ciabatti e Maurizio de Giovanni.
Francesco Piccolo, scrittore (Premio Strega nel 2014 con Il desiderio di essere come tutti, Einaudi) e sceneggiatore (per Nanni Moretti, Paolo Virzì, Silvio Soldini e altri), condivide con il lettore la sua quotidianità fatta di uscite la mattina presto per la spesa e repentini cambi di marciapiede per non avvicinarsi a nessuno. Le nuove paure hanno sostituto quelle precedenti: il coronavirus per ora ha fatto dimenticare il terrorismo. Poi, si augura Piccolo, anche il virus sarà il passato: «Tra qualche tempo, quando vedremo qualcuno che tossirà, non ci farà paura, ma ci farà ricordare di quando avevamo paura». Lo scrittore nel frattempo inventa giochi in famiglia, aggiorna le liste dei film da vedere, cucina (con successo) il risotto, anche se la fame di normalità gli resta... Le pagine del Diario sono illustrate da un’opera di Nino Longobardi.
La parte finale de «la Lettura» ospita un racconto di Teju Cole, scrittore, fotografo, storico dell’arte nato in Michigan (Usa) da genitori nigeriani. È la storia visionaria e simbolica, e insieme attualissima, di una viaggiatrice che arriva in una città dove «tutti gli uomini e le donne erano isole»; tra loro gli abitanti potevano sentirsi, parlarsi, ma rimanevano separati «non si toccavano, come un arcipelago umano». Il racconto è illustrato da una foto scattata dallo stesso Cole.
Sul nuovo numero de «la Lettura» è inoltre da segnalare la visualizzazione a cura di Marco Giannini, con un articolo del geografo Franco Farinelli, dedicata ai nomi dei Comuni italiani: da dove derivano e a quali altri nomi di luoghi hanno dato origine. Poi un articolo in occasione del 150° anniversario dalla nascita di Lenin (ne scrive Ettore Cinnella): la ricorrenza cadrà il prossimo 22 aprile e a causa del virus verrà celebrata dai nostalgici soltanto online.
Il racconto Teju Cole immagina una città dove gli abitanti sono come isole e non possono toccarsi