Colonialismo
La ricostruzione di una strage fascista nel lavoro di Paolo Borruso (Laterza) Etiopia, il santuario insanguinato
Si stenta a credere che il cardinale Ildefonso Schuster, arcivescovo di Milano, abbia definito «missione nazionale cattolica e di bene», il 28 ottobre 1935, l’aggressione italiana contro l’etiopia. Ma non era certo una voce isolata nella Chiesa cattolica di allora, in larghissima prevalenza allineata con il regime fascista, anche se il Papa Pio XI, a onor del vero, era su posizioni diverse.
Di certo quell’appoggio all’invasione appare particolarmente scandaloso, considerando la vicenda ricostrui ta da Paolo Borruso nel saggio Debre Libanos 1937 (Laterza), che getta una luce sinistra sul colonialismo italiano. Anche se in Africa tutte le potenze europee si macchiarono di brutali atrocità, pochi casi reggono il confronto con la rappresaglia ordinata dal viceré d’etiopia Rodolfo Graziani dopo l’attentato in cui lui stesso era rimasto ferito ad Addis Abeba il 19 febbraio 1937.
Tra i vari crimini compiuti allora, il peggiore fu lo sterminio freddamente pianificato di circa duemila monaci e pellegrini cristiani nel santuario copto di Debre Libanos, eseguito su ordine di dal generale Pietro Maletti nel maggio 1937. Al massacro si accompagnò un vergognoso saccheggio di arredi sacri, ricostruito accuratamente da Borruso.
Tre anni dopo Maletti cadde in Nord Africa, combattendo contro i britannici nella Seconda guerra mondiale, e gli fu assegnata la medaglia d’oro alla memoria. Alle vie che gli erano state intitolate in alcune località italiane (da ultima quella di Cocquio Trevisago) è stato di recente cambiato nome. Scelta che chiunque legga il libro di Borruso non può che ritenere giustificata.