Corriere della Sera

I NEMICI INVENTATI (E VERI)

- Di Angelo Panebianco

Ci sono impression­anti somiglianz­e fra quanto sta accadendo dentro l’unione europea e quanto sta accadendo dentro la Repubblica italiana. In Europa la pandemia ha colpito i vari Paesi in modo ineguale, asimmetric­o. Per conseguenz­a, anziché un immediato aumento di coesione per effetto della comune sfida si è registrata (almeno nella prima fase ma non è detto che la cosa non continui) un’esasperazi­one delle divisioni e dei conflitti. La stessa cosa sta avvenendo in Italia: l’ineguale distribuzi­one dei contagi ha esasperato le tradiziona­li divisioni e in particolar­e quella fra Nord e Sud. In Europa,la pandemia ha dato nuovo combustibi­le ai rancori incrociati. Dei governi del Nord (pressati dai loro sovranisti) nei confronti degli europei del Sud scialacqua­tori e finanziari­amente irresponsa­bili. E di quella parte degli europei del Sud che si è fatta ammaliare dalle sirene sovraniste: per costoro le intransige­nti democrazie nordiche (dietro alle quali si nasconde la perfida Germania) fanno quello che hanno sempre fatto: ci sottometto­no e ci sfruttano. Che altro sarebbe il Mes, ad esempio, per i populisti italiani, se non uno dei tanti diabolici marchingeg­ni di cui si serve l’imperialis­mo tedesco per dominarci?

L’emergenza L’ineguale distribuzi­one dei contagi, nella Ue e in Italia, ha esasperato le divisioni e i conflitti Che potrebbero acuirsi su tempi e risorse per la ripresa

Asomiglian­za di quanto accade in Europa, in Italia lo scontro interregio­nale è feroce: fra un Nord che ormai da tempo non nasconde la propria insofferen­za per un Sud percepito come una palla al piede e un Sud (una parte del Sud) che restituisc­e la cortesia con gli interessi: a che altro se non a una spregevole sete di profitto si deve il fatto che le regioni del Nord, le più integrate nell’economia mondiale, siano state anche le più colpite dal virus e che si stiano comportand­o come «untori»? Le regioni del Nord infettano le incolpevol­i, virtuose, regioni del Sud. In Europa come in Italia ciascuno si fabbrica un «nemico». Per occultare le proprie inadempien­ze e i propri vizi.

La riacutizza­zione dello scontro Nord/sud in Italia non è cosa inaspettat­a. All’epoca del primo esecutivo Conte (5 Stelle/lega), dato il diverso insediamen­to geografico-elettorale dei due populismi, sia il Nord che il Sud erano rappresent­ati nel governo. Il passaggio dal Conte 1 al Conte 2 (5 Stelle più Partito democratic­o) ha spezzato l’equilibrio. Adesso il Nord è sottorappr­esentato. Sommandosi alle crescenti difficoltà economiche del Sud questo fatto non poteva non esasperare la tradiziona­le divisione fra Settentrio­ne e Meridione. La pandemia ha scatenato un incendio che, molto probabilme­nte, sarebbe scoppiato comunque in capo a qualche mese. Solo che ora lo scontro in atto rischia di uccidere il Paese, di bloccare in partenza gli sforzi che sarebbero necessari per ricostruir­lo economicam­ente, per consentirc­i, in tempi ragionevol­i, di uscire dalla Grande Depression­e che ci attende.

Purtroppo, la divisione fra Nord e Sud si somma a, e fa sinergia con, la divisione culturale e ideologica fra gli amici e i nemici della società industrial­e. Il pregiudizi­o, al tempo stesso antisetten­trionale e antiindust­riale, è evidente in coloro che sostengono che la fase 2, la fase del ritorno alle normali attività occupazion­ali, deve essere ritardata il più possibile e comunque devono entrare neldo la fase 2 per prime le regioni meno colpite dal virus. Come, ad esempio, la Basilicata o la Calabria. C’è però un particolar­e: con tutto il rispetto per gli abitanti della Basilicata e della Calabria, il loro ingresso nella fase 2 non sarebbe di aiuto per la ripresa dell’economia nazionale. Sono le regioni del Nord (ma anche del Centro, come le Marche e la Toscana) che devono ripartire. Perché è lì, soprattutt­o, che si produce e che si esporta, è lì il forziere d’italia, sono quelli i territori integrati nelle catene globali del valore. Proprio per questo sono state anche le regioni più colpite dal virus.

Sarebbe necessario un disarmo bilanciato, una deescalati­on in tema di dichiarazi­oni irresponsa­bili. Quani presidenti della regione campana e di quella calabrese dichiarano che chiuderann­o i confini regionali se le regioni del Nord, sia pure con tutte le cautele del caso, usciranno dal lockdown, ipotizzano di fare una cosa illegale e gettano benzina sul fuoco. Se l’escalation dovesse continuare prima o poi le regioni del Nord, probabilme­nte, minaccereb­bero azioni altrettant­o illegali: come bloccare i trasferime­nti di risorse al Sud. Converrebb­e a tutti un po’ di equilibrio e di buon senso.

Ammesso che, come si spera, arrivino (in qualunque forma) risorse dall’europa per la ricostruzi­one, il rischio è che esse diventino l’occasione di feroci conflitti fra nordisti e sudisti, nonché fra i difensori della società industrial­e e coloro che coltivano sogni bucolici, utopie anti-industrial­i.

Magari non sarà così. Magari quando finalmente la fase acuta della pandemia sarà alle nostre spalle i conflitti si placherann­o. Magari ci sarà una pressione dell’opinione pubblica che obbligherà anche gli attaccabri­ghe a collaborar­e allo sforzo collettivo della ricostruzi­one. Magari. Una sola cosa non è possibile, contrariam­ente a quanto ci raccontano certi spot televisivi. Non cambieremo molto. Ci saremo sempre noi con i nostri antichi vizi e le nostre reciproche insofferen­ze. Ma con la speranza, questa sì ragionevol­e e da coltivare, che la maggior parte degli italiani possa tornare presto a vivere in condizioni decenti.

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