Corriere della Sera

L’untrice

- Di Massimo Gramellini

Mettetevi nei panni di Damiana Barsotti, un’infermiera di Lucca che torna a casa dopo tredici ore d’ospedale, trascorse a tenere le mani di tanti malati e a chiudere gli occhi a qualcuno. Trova la madre ad attenderla con una lettera anonima pescata nella buca, in cui qualche vicino la ringrazia ironicamen­te per il Covid che «tutti i giorni ci porti» e la tratta, proprio lei, da insensibil­e: «Ricordati che ci sono anziani e bambini». Damiana ha avuto, in sequenza, le reazioni delle persone perbene: prima si è avvilita, poi si è arrabbiata e infine ha sporto denuncia. Quando la storia è diventata di pubblico dominio, ha incassato con scarsa soddisfazi­one la solidariet­à universale, concentrat­a com’era sul silenzio assordante dell’intero vicinato. Un silenzio talmente compatto da far sospettare che la lettera, scritta da una sola mano, potesse avere avuto l’avallo di tutte le altre.

Qualche lettore si mostrerà stupito. Non si era detto che lo choc di questi mesi ci avrebbe resi migliori? Può darsi, ma in certuni la bontà d’animo è come uno starnuto: considera più prudente esprimersi a distanza di sicurezza. Un’infermiera caritatevo­le commuove al telegiorna­le, solo se ha l’accortezza di abitare in un altro quartiere. Ma da Ercole a Borsellino, nessun eroe ha mai riscosso grandi consensi nel suo condominio. Chi fa del bene è costretto a toccare il male. E il suo vicino di casa non vede il bene rivolto agli altri, mentre vede benissimo il male che potrebbe rivolgersi contro di lui.

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