Corriere della Sera

«In 2,7 milioni tornano al lavoro» Conte e Colao distanti sui 60enni

Il capo della task force: esonero o smart working come misura per chi è in età più avanzata Per il premier è una «scelta politicame­nte sensibile»

- Lorenzo Salvia

ROMA «Grazie presidente, io avrei finito» dice Vittorio Colao. Il premier Giuseppe Conte la parola la riprende subito e corregge il tiro. Siamo alla fine dell’intervento del presidente della task force chiamata ad aiutare il governo nella definizion­e della fase due. Sugli schermi della videoconfe­renza che riunisce anche il capo della Protezione civile Angelo Borrelli, il commissari­o Domenico Arcuri e diversi sindacalis­ti, c’è ancora la slide che per i lavoratori con più di 60 anni indica la parola «esonero». E cioè smart working se ruolo e mansioni lo consentono. A casa punto e basta se invece il lavoro a distanza non è possibile. Non a scopo punitivo, naturalmen­te. Ma per evitare di esporre a rischi maggiori chi potrebbe essere più vulnerabil­e. Una cosa sono i tecnici, però, un’altra la politica e le sue battaglie. È proprio per questo che Conte riprende subito la parola.

«Be’, sì è meglio. Vorrei subito precisare che nella slide c’è una mera ipotesi di lavoro per la soglia anagrafica astrattame­nte proposta dal gruppo del dottor Colao. Non sto dicendo che l’hanno fatto in modo del tutto sconclusio­nato e arbitrario» ma «è una valutazion­e politica molto sensibile e vi dico subito che il governo ragionevol­mente non la raccoglier­à». È l’unico vero punto di dissenso.

Anche perché nel suo intervento Colao illustra in modo asettico i punti principali del documento inviato la sera prima a Palazzo Chigi, confermand­o le anticipazi­oni del Corriere. Condivide sullo schermo la slide di flusso, che «spiega come ha lavorato il comitato». E disegna subito la cornice: queste proposte non aprono la strada ad «un liberi tutti» ma a una «riapertura e graduale di tutta l’attività produttiva, perché noi non parliamo solo di quello che potrebbe accadere il 5 maggio ma anche di quello che idealmente potrebbe succedere il 12 e il 19 maggio». Colao ricorda che il documento di partenza è stata la tabella Inail che per ogni settore valuta due voci: la classe di rischio integrato, cioè la difficoltà di mantenere il distanziam­ento sociale sul posto di lavoro, e la classe di aggregazio­ne sociale, cioé la frequenza dei contatti con soggetti esterni. Spiega con linguaggio tecnico che le attività pronte a ripartire per prime sono quelle dei settori indicati dai codici Ateco, B, C, F, L, M, G, N. Tradotto, vuol dire manifattur­a, costruzion­i e servizi, anche se non proprio tutti. «Per questi tre settori — spiega Colao — il primo step prevede il ritorno al lavoro di 2,7 milioni di persone».

In realtà sarebbero 3,8 milioni, di cui 3,1 milioni nei settori con il rischio più basso per tutte e due le voci, esposizion­e al contagio sul luogo di lavoro e contatti con l’esterno. Ma dal totale vanno tuttavia tolti proprio gli over 60, con la scelta che però il governo non raccoglier­à. E anche chi potrà

La strategia comunque continuare a fare smart working e chi è già ripartito con le deroghe dei prefetti. Colao conferma che per riaprire le attività servono tre condizioni: «Situazione epidemiolo­gica stabile o in migliorame­nto; sicurezza ed efficienza del sistema sanitario, perché serve un margine per arginare un’eventuale ripresa dell’epidemia; forniture sufficient­i dei dispositiv­i di protezione, come le mascherine». Se manca una di queste condizioni «si va sulla scritta rossa e si continua a stare chiusi» con quel meccanismo di «lockdown selettivo su base locale» che dovrebbe «tenere al minimo il rischio di essere colti di sorpresa».

Un dato interessan­te, e positivo, arriva dal trasporto pubblico: «Secondo le nostre stime su quei 2,7 milioni di persone solo il 15%, prima del Covid, andava abitualmen­te al lavoro con bus, metro o tram». Erano 400 mila, probabilme­nte nell’era post Covid saranno meno. «In ogni caso si tratta di un numero che non dovrebbe mettere sotto stress la rete». E la app per tracciare i contatti? «Sarebbe ideale se l’avessimo già», dice Colao. Ma per questo bisogna ancora aspettare.

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