Noi, pensionati in corsia
I medici rientrati al lavoro per aiutare negli ospedali usando la loro professionalità o dando supporto «Il nostro contributo di fronte a patologie nuove»
Il dottor Claudio Ceravolo si stupisce di tanto clamore, non trova poi così «eccezionale» che tanti medici abbiano deciso di tornare dalla pensione perché c’era ancora bisogno di loro. Non ci sono dati ufficiali, ma sono diversi i professionisti che in queste settimane hanno rimesso il camice per lottare contro il Covid-19. È vero che lo spirito di un medico, la cura degli altri, non ha limiti d’età. Eppure non è una scelta semplice quella di tornare in campo, con quel numero impressionante di operatori sanitari contagiati, con 145 morti soltanto tra i medici. E alcuni di loro, come Gino Fasoli nel Bresciano o il rianimatore Vincenzo Emmi a Pavia, erano rientrati in corsia proprio per l’emergenza. Basta scorrere le cronache locali di queste settimane per trovare un’infinità di storie di chi non si è tirato indietro. C’è chi ha risposto all’appello della Protezione civile, c’è chi è stato chiamato dai vecchi colleghi di ospedale, c’è chi sarebbe dovuto andare in pensione ma ha deciso di non abbandonare proprio adesso i pazienti. Dietro ogni storia, il racconto di carriere, passione e dedizione che non sono mai venute meno. Alcuni sono infettivologi e sapevano bene a cosa andavano incontro, altri hanno dovuto imparare ad affrontare e curare questa malattia in poco tempo. Tutti hanno dato il loro contributo, mettendo a disposizione conoscenze professionali e soprattutto umanità. È probabilmente vero, come dice il dottor Ceravolo, che questo impegno per molti è la normalità. Ma ciò lo rende ancora più eccezionale.