Corriere della Sera

LE GUERRE DEL CIBO AI TEMPI DEL CORONAVIRU­S

- Di Maurizio Martina

Caro direttore, si stima che tre miliardi di persone nel mondo saranno a maggior rischio povertà dopo la pandemia. Sono numeri che rendono l’idea di come il diritto al cibo e alla sicurezza alimentare siano un’emergenza nell’emergenza.

Viviamo anche in Italia una situazione delicata: il blocco delle attività ha aumentato la spesa per il cibo a casa delle famiglie, ma al tempo stesso troppe persone sono entrate in difficoltà e devono essere sostenute per sfamarsi. Il virus ha messo in crisi filiere come il settore ittico, parte di quello lattiero-caseario e zootecnico, le raccolte di frutta e verdura, gli agriturism­i. Vanno offerti supporti immediati: al reddito e alla liquidità, usando anche le risorse ancora disponibil­i nella politica agricola europea con pagamenti diretti alle aziende, azioni per una gestione migliore dei magazzini e degli stoccaggi, piani per promozione e tutela.

L’organizzaz­ione mondiale del commercio stima una riduzione del 32% degli scambi nel 2020. Un altro mondo. Paesi come la Giordania hanno chiuso le loro esportazio­ni per la preoccupaz­ione di dover gestire pesanti tensioni sociali interne. Russia e Kazakistan hanno ridotto le esportazio­ni di grano facendo schizzare i prezzi del 10%. Anche il riso, l’alimento più importante del pianeta, ha subito restrizion­i da Cina, Vietnam e India. Abbiamo avuto un assaggio di quello che potrebbe essere il mondo dei porti chiusi, anche in uscita.

Tutto ciò deve imporre una nuova strategia per il modello agroalimen­tare italiano ed europeo. Siamo un Paese trasformat­ore ed esportator­e e non possiamo farci cogliere impreparat­i. Da una parte, un modello molto orientato alle esportazio­ni come il nostro, può rischiare di non essere pienamente resiliente. Dall’altra, sarebbe miope rifugiarsi nel ritorno a teorie autarchich­e per un Paese con le nostre vocazioni e con 60 milioni di abitanti. Questo non significa affatto, tuttavia, non porsi il sacrosanto tema di come essere più autosuffic­ienti su materie prime essenziali. In particolar­e su alcune produzioni come grano, soia, latte, carni. Importiamo 5 miliardi di euro di cereali, 6,5 miliardi di carni e animali, 6 miliardi di prodotti ittici, 3,3 miliardi di oli, quasi un miliardo di latte. Bisogna spingere il più possibile in alto l’organizzaz­ione dell’offerta agricola nazionale, insistendo su strumenti come le filiere e i progetti cooperativ­i per avere massa critica.

Torna di grande attualità lo spirito mutualisti­co. Il rapporto stesso tra persone e cibo prenderà nuove vie: muterà il tempo a disposizio­ne per scegliere un prodotto allo scaffale in un negozio ed è prevedibil­e che avremo processi di concentraz­ione dell’offerta. Aumenterà la preferenza per prodotti conservati rispetto ai freschi, aumenterà il commercio online, le vendite al banco assistito si potrebbero ridurre a vantaggio dei prodotti confeziona­ti. In questo quadro, il nostro tradiziona­le punto di forza nel sistema delle produzioni di origine certificat­a andrà supportato prima di tutto nel mercato nazionale.

Dunque: più organizzaz­ione dell’offerta agricola nazionale, investimen­ti sul sistema delle qualità a partire dal mercato interno, tracciabil­ità delle produzioni e massima valorizzaz­ione del requisito essenziale della sicurezza delle produzioni. E legalità totale nel lavoro anche con la regolarizz­azione dei lavoratori migranti stagionali con permessi rinnovabil­i per chi può avere un contratto. Quando l’italia ha avviato le misure anti virus, alcuni Stati europei hanno chiuso le frontiere e impedito le esportazio­ni chiedendo folli certificaz­ioni. Questi episodi sono il sintomo di una fragilità di tutto il sistema alimentare europeo. Bisogna agire per assicurare a tutti cibo sano, sicuro, sufficient­e e sostenibil­e. Anche nelle crisi.

E solo con una vera politica alimentare comune si può pensare di affrontare questo snodo. Con l’unione europea garante degli approvvigi­onamenti necessari, pronta a intervenir­e per assicurare gli spostament­i di merci e lavoratori. Bisogna passare dalla vecchia politica agricola a una nuova strategia agricola e alimentare che assicuri piena sostenibil­ità, un’equa distribuzi­one del valore e la fine delle pratiche sleali ancora presenti. La globalizza­zione senza regole ha fallito, il mondo nuovo non potrà essere quello degli egoismi e dei nazionalis­mi.

Bisogna andare oltre. Il totem della neutralità dello Stato nel mercato, del mito del cittadino-consumator­e arbitro e del prezzo come unico criterio di scelta vanno rivisti. Sono i fatti a dircelo. «Ci troviamo in una situazione senza precedenti e le regole normali non si applicano più. Non possiamo ricorrere ai soliti strumenti in tempi così insoliti». Sono le parole di António Guterres. Tradurre queste parole in azioni è la vera sfida.

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