Il teatro e l’emergenza, perché è opportuno andare in tv e sul web
Scorrendo il programma della prossima edizione di Romaeuropa festival troviamo nella musica un nome di spicco, Max Richter; e nella danza Sasha Waltz e di Dada Masilo o, tra gli italiani, Enzo Cosimi e Virgilio Sieni. Per quanto riguarda il teatro c’è la rivelazione dello scorso anno, Filippo Andreatta, il regista più sperimentale che si sia incontrato da molti anni a questa parte; e c’è anche Milo Rau, un regista non poco sguaiato («basta con
Shakespeare e Cechov, scrivevano per il loro tempo»). Lo svizzero Rau pratica la docu-fiction come fosse una sua invenzione e non già una delle forme d’arte più diffuse in ogni disciplina. Ma ciò che veramente interessa è che il direttore artistico Fabrizio Grifasi ha dichiarato di essere pronto, come fosse altrimenti impossibile, a mettere in rete gli spettacoli in programma. E’ un tema dibattuto. Molti registi (da Davide Enia a Mimmo Borrelli) hanno dichiarato la propria contrarietà: la televisione non è teatro. Si tratta però di cosa evidente. Certo, il teatro è il teatro. Pure, vi sono delle opportunità e delle varianti. La prima è la situazione d’emergenza (o perfino di normalità: quante persone oggi non più giovanissime hanno incontrato il teatro per la prima volta in televisione e con essa imparato ad amarlo?). Una seconda è stata prospettata da due registi, Piero Maccarinelli e Luca De Fusco: può esserci un teatro (teatro didattico, di supplemento) fatto proprio per la televisione. Alla proposta hanno reagito in modo positivo tanto il ministro Franceschini quanto, con un articolo sul Corriere, l’ad della Rai Fabrizio Salini. Il punto allora diventerebbe: chi deciderà che cosa mettere in scena e quali saranno le compagnie e i teatri chiamati al lavoro? Penso che una quanto più rapida soluzione sia formare un collegio composto da un rappresentante per ognuno dei teatri nazionali, uno o più d’uno per i teatri stabili e i teatri privati e per i centri di produzione e di ricerca, più un saggista o uno storico del teatro. Quasi inevitabile che si debbano scegliere classici del repertorio, magari non troppo ovvii, e assoli dei nostri maggiori monologhisti.