Corriere della Sera

«Sette errori gravi con le Rsa ma il sistema era già in crisi E in Europa è andata peggio»

La ricerca Bocconi: investimen­ti e operatori, molto da rivedere

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«In Italia come nel resto d’europa il problema è simile: durante l’esplosione della pandemia le case di riposo non sono state considerat­e tra le priorità di intervento delle politiche pubbliche. Il tutto è avvenuto in un settore già fortemente in crisi». Elisabetta Notarnicol­a, insieme con Andrea Rotolo, docenti del Cergas Bocconi, stanno svolgendo un’analisi su cosa non ha funzionato nelle residenze sanitarie assistenzi­ali, le ormai note Rsa. Qui secondo l’oms si conta quasi un decesso su due dei morti totali da coronaviru­s. Nessuno si è preoccupat­o di proteggerl­e, come dimostrato dalle inchieste del Corriere delle ultime settimane, prima che diventasse­ro cimiteri.

Cos’ha travolto le Rsa portando a un dramma umano e sociale?

« Le case di riposo, che non hanno tra il proprio personale le stesse profession­alità specialist­iche degli ospedali, si sono trasformat­e nei fatti in piccoli reparti Covid-19, senza possibilit­à di organizzar­e un’assistenza sanitaria adeguata.il Cergas Bocconi ha avviato una ricerca orientata a raccoglier­e elementi sulle principali difficoltà registrate dalle case di riposo durante l’emergenza coronaviru­s. Da un primo round di raccolta di testimonia­nze emergono sette aree di criticità».

Una per una, quali sono.

«1) Le Rsa sono rimaste sole nella gestione degli anziani positivi e nella prevenzion­e di ulteriori contagi. 2) I rapporti con la rete ospedalier­a, ma anche con la Sanità territoria­le, sono stati bloccati per proteggere gli ospedali da un eccesso di ricoveri. 3) Le relazioni con i medici di famiglia sono state sporadiche. 4) In Regione Lombardia è anche stato chiesto alle Rsa di ospitare malati di Covid-19 dimessi dagli ospedali nonostante i rischi a cui si andava incontro. 5) Anche per la distribuzi­one

● Elisabetta Notarnicol­a, 32 anni, docente del Cergas (Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale) dell’università Bocconi. Con il collega Andrea Rotolo cura una ricerca sull’epidemia nelle Rsa di dispositiv­i di protezione individual­e e altri presidi fondamenta­li per la gestione dei casi è stata data priorità agli ospedali. 6) I singoli gestori hanno dovuto attrezzars­i in autonomia, cercando fornitori di Dpi certificat­i spesso su mercati esteri per cercare di procurarsi le mascherine necessarie, andando incontro a enormi difficoltà, con ritardi nella distribuzi­one e inefficien­ze. 7) L’attività di screening tramite i tamponi non è stata (e non è tuttora) prevista in modo sistematic­o e omogeneo per le Rsa. I test non vengono eseguiti né sui casi sospetti tra gli ospiti né tra gli operatori».

Perché le case di riposo erano già fortemente in crisi prima dell’epidemia?

«In Italia, ma anche nel resto d’europa, i finanziame­nti pubblici spesso sono insufficie­nti a garantire gli standard assistenzi­ali necessari. E la gestione degli operatori sociosanit­ari è critica: il personale è difficile da reperire anche in funzione delle politiche non sempre tutelanti applicate dai datori di lavoro».

Un pilastro del sistema di Welfare, insomma, ha le

Nel mondo

fondamenta che scricchiol­avano già prima del Covid-19.

«Esatto. E su questo sistema si è abbattuta l’epidemia».

In Italia il 24% dei decessi risulta avvenuto nelle Rsa. Nel resto d’europa le percentual­i

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