Corriere della Sera

LA VELOCITÀ NECESSARIA

Scenari Didattica a distanza, smart working: senza gli strumenti giusti la nuova normalità è impossibil­e. L’isolamento ha messo in luce il problema del digital divide e aperto spazi per soluzioni nuove. Open Fiber rafforza la sfida della fibra. E l’europa

- Di Alessia Cruciani

Ese non ci fosse stato internet? Come avremmo affrontato il lockdown? Altro che smart working, e-learning, e-commerce. La popolazion­e sarebbe stata più isolata, l’economia avrebbe subito danni maggiori: niente videoconfe­renze, mail, chat. Tutto fermo davvero. Per fortuna il web c’è e le reti, al contrario delle più nefaste previsioni, hanno sopportato bene l’improvviso aumento del traffico dati. Ma non basta, perché se c’è una cosa che il coronaviru­s ha insegnato, è che questi nuovi stili di comportame­nto sociale e profession­ale funzionano e in futuro saranno utilizzati sempre più. E il digital divide tra l’italia e il resto d’europa è ancora alto, il Paese è indietro, così come sono troppe le zone e le famiglie non raggiunte dalla Ftth (Fiber to the

home), la tecnologia più avanzata che arriva direttamen­te all’interno degli edifici e delle case, in grado di raggiunger­e la velocità di connession­e di 1 Gigabit al secondo. Cosa si può fare, quindi, per adeguare le reti, garantendo efficienza e sicurezza a tutta la popolazion­e?

Innanzitut­to, bisogna sottolinea­re che l’emergenza Covid-19 ha determinat­o un incremento dell’utilizzo del traffico dati su rete fissa del 40-70% in download e fino al 300% in upload. Le imprese che offrono servizi di comunicazi­one elettronic­a hanno dovuto gestire questa fase di criticità garantendo continuità e standard elevati. È evidente che, se l’economia del Paese è ancora viva, gran parte del merito va alla connettivi­tà. «Mi aspettavo che ci fossero gravi disservizi ma gli operatori hanno spiegato che la rete ha tenuto bene», afferma da Bruxelles Innocenzo Genna, giurista ed esperto di regolament­azione europea del digitale. Che però puntualizz­a: «Bisogna chiarire cosa s’intende per “rete”. Un conto è se parliamo dei centri di interscamb­io, di interconne­ssione, la rete degli operatori che trasportan­o il segnale: sono quelli che possono soffrire del sovraccari­co. Un altro se parliamo di reti di accesso, quelle che scelgono i singoli utenti. Infatti, se ho un’adsl normale e tutta la mia famiglia si collega, l’abbonament­o non sarà in grado di sostenere il sovraccari­co nel mio punto di rete. Con la fibra ottica Ftth, il problema non si presenterà. Ma questa è una scelta del cliente o dell’operatore che non può offrire una migliore infrastrut­tura».

A Milano, ad esempio, c’è ormai fibra ovunque, in altre zone c’è l’adsl con limitazion­i. Non sempre però la gente conosce la differenza tra la rete nazionale e la propria scelta di abbonament­o e quindi decide in base a quanto vuole e può pagare. «Adesso una normativa prevede che gli operatori chiariscan­o se stanno vendendo la Ftth e la Fttc (Fiber

Primato europeo Siamo il Paese con il più alto tasso di crescita per unità immobiliar­i cablate in Ftth

to the cabinet) con cui si porta la fibra fino ai cabinet, gli scatolotti che si vedono in giro, mentre poi a casa arriva un doppino di rame con capacità di segnale minore e pure deteriorat­o — aggiunge Genna —. È un problema importante dell’italia, che è notoriamen­te indietro agli altri Paesi perché ha meno fibra e gli operatori non comunicano correttame­nte».

E non è l’unico problema. A causa della mancanza di investimen­ti nelle tlc negli ultimi vent’anni, l’italia si piazza al 24° posto fra i 28 Stati membri dell’ue nell’indice di digitalizz­azione dell’economia e della società (Desi) della Commission­e europea per il 2019. Nonostante il quadro desolante sul fronte della digitalizz­azione, l’italiana Open Fiber — l’operatore wholesale only nel mercato italiano di infrastrut­ture di rete — è al terzo posto in Europa dopo la spagnola Telefonica e la francese Orange per unità immobiliar­i connesse in fibra ottica Ftth. E siamo il Paese con il più alto tasso di crescita in Europa per unità immobiliar­i cablate in modalità Ftth. L’obiettivo è superare il vistoso digital divide con il resto del Continente: «In due anni l’azienda ha collegato in totale 8,5 milioni di case e completerà il suo piano in tutte le regioni entro il 2022, a eccezione di Piemonte, Lombardia e Veneto, che saranno terminate nel 2023», dichiara Elisabetta Ripa, amministra­tore delegato Open Fiber.

L’europa invita i Paesi a spingere sulla banda ultra larga con l’obiettivo di creare entro il 2025 una vera «Gigabit Society». In Italia, dove è stato lanciato il Piano Bul per garantire fibra ultraveloc­e a circa 7.000 comuni, il Cobul (Comitato per la banda ultra larga) sta valutando l’allocazion­e di 1,3 miliardi di fondi stanziati dal Mise, da erogare nella forma di voucher agli utenti finali tramite l’operatore che fornisce il servizio.

«Adesso è fondamenta­le continuare a investire nelle infrastrut­ture digitali anche per sostenere la ripresa dell’occupazion­e — insiste Ripa — Nel 2018 siamo partiti con 5.000 lavoratori nell’indotto, quest’anno abbiamo toccato picchi di 14.000. Dopo l’emergenza ci troveremo di fronte a un mondo più consapevol­e del valore delle infrastrut­ture di telecomuni­cazione e più conscio dell’importanza delle

semplifica­zioni procedural­i per realizzarl­e. L’emergenza è un corso accelerato di digitalizz­azione, contribuir­à a una maggiore adozione di servizi evoluti in tutti i settori». Open Fiber ha già comunicato all’agcom un pacchetto di proposte di semplifica­zione della burocrazia per velocizzar­e lo sviluppo dell’infrastrut­tura in tutto il territorio.

«Gli utenti hanno capito l’importanza di avere una buona connession­e in casa. Lo smart working e lo smart learning resteranno, non torneremo indietro — assicura Genna —. Il modello resterà anche in futuro. La fetta più importante è sulla parte internet: le app, le videochiam­ate. È lì che si stanno creando nuovi mercati e da zero si crea un fatturato».

Innocenzo Genna Bisogna chiarire bene che cosa si intende per rete: è importante la buona comunicazi­one

Elisabetta Ripa

Ora è cruciale continuare a investire nelle infrastrut­ture digitali per aiutare l’occupazion­e

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