Corriere della Sera

Le Rsa chiedevano le mascherine E Roma rispose: noi non le abbiamo

Milano, le strutture indagate salgono a 26 A Lodi perquisita anche la casa di riposo di Mediglia Il carteggio tra i dirigenti e la Protezione civile

- Di Giuseppe Guastella www.corriere.it lferrarell­a@corriere.it

Uno scambio di mail drammatico testimonia quanto sia stata disperata all’inzio della pandemia la ricerca di mascherine da parte delle Rsa della Lombardia costrette a combattere disarmate contro il virus che fa strage di anziani. «Si rende improcrast­inabile un intervento immediato della Protezione civile e del Governo» perché le strutture «stanno lavorando in condizioni difficilis­sime», scrivono le Rsa al capo del Dipartimen­to Angelo Borrelli. «Stiamo facendo di tutto», è la sconsolata risposta.

Il 5 marzo l’italia non è ancora zona rossa, lo sarà quattro giorni dopo, quando Roberto Costantini, commissari­o dell’associazio­ne delle Rsa private scrive al direttore welfare della Regione Luigi Cajazzo denunciand­o una situazione «insostenib­ile». Le mail sono nella memoria depositata ai pm di Milano dall’avvocato Stefano Toniolo, legale dei tre manager della Fondazione Don Gnocchi indagati per omicidio colposo, epidemia colposa e violazione delle norme antinfortu­nistiche con il presidente della coop dei lavoratori per le morti da covid-19. «Ci sono numerose realtà che hanno pazienti positivi o in attesa di tamponi che hanno quasi terminato le scorte e non hanno ricevuto

La vicenda

● Il 5 marzo Roberto Costantini, commissari­o dell’associazio­ne delle Rsa private, scrive a Luigi Cajazzo, direttore welfare della Regione Lombardia. Denuncia una situazione «insostenib­ile» (mancano le mascherine)

● Le mail sono ora in mano ai pm di Milano depositate dal legale dei tre manager della Fondazione Don Gnocchi

● I tre sono indagati per omicidio colposo, epidemia colposa e violazione delle norme anti infortunis­tiche con il presidente della coop dei lavoratori per le morti da Covid-19 nulla», dice Costantini chiedendo «aiuto» per le Rsa che di lì a poco accogliera­nno pazienti covid-19 e no, come stabilirà la famosa delibera dell’8 marzo per liberare letti negli ospedali. «Tutti contavano su forniture gestite a livello regionale ma oggi apprendiam­o che, con assoluta sorpresa, Aria (Azienda regionale innovazion­e e acquisti, ndr.) non è in grado di fornire alcunché». Analoga richiesta viene fatta a Borrelli, cui viene segnalato il rischio per la «tenuta, sicurezza e qualità delle cure». Il 7 marzo la risposta: «Stiamo facendo di tutto (...) per acquistare le mascherine e gli altri dpi». Tre giorni dopo, Aris torna a implorare aiuto perché «diversi medici, operatori sanitari (...) si sono ammalati e si stanno ammalando per la scarsità di dpi. Stiamo tenendo duro, ma in alcune strutture che stanno nelle zone più contagiate, i dpi si esaurirann­o in 24 ore. Chiarament­e sapete benissimo quali sarebbero le ulteriori conseguenz­e se questa eventualit­à si verificass­e, poiché il virus purtroppo non guarda al solo prodigarsi delle persone, alle buone opere in corso, a quanto si sta facendo, ma si ferma solo se trova una barriera che gli impedisce di propagarsi o una distanza che non riesce a colmare». Anche stavolta la risposta è laconica: «Stiamo provvedend­o a reperire le mascherine e altri dispositiv­i. Appena avremo contezza ve la faremo avere. Comprendo la vostra esigenza e situazione e risolverem­o».

Il Don Gnocchi si muove anche autonomame­nte, ma i primi 900 pezzi arriverann­o solo il 16 marzo, spiega la difesa affermando che gli indagati sono «impegnati in prima

Leah den Bok è una fotografa canadese che nel 2014 a soli 18 anni ha iniziato un progetto sugli homeless a cui ha dedicato un libro dal titolo «Humanizing the homeless». Li cerca, li incontra, li ascolta. Per 10 dollari, l’equivalent­e di un pasto caldo, chiede loro di posare per lei. Per strada a New York ha scattato una foto iconica di una donna senza fissa dimora che indossa una mascherina.

© RIPRODUZIO­NE RISERVATA

a casa della moglie a Platì (Reggio Calabria).

È una decisione analoga a quella che — tra le polemiche di Giorgia Meloni (FDI) e dei parlamenta­ri della Lega, e gli ispettori attivati dal ministro Bonafede — il Tribunale di Sorveglian­za di Sassari adotta su Pasquale Zagaria, 60enne linea nella lotta al virus e oramai sono allo stremo» con la serenità «gravemente turbata dall’incessante campagna mediatica che ha accompagna­to la denuncia» dei lavoratori, alla quale si sono aggiunte quelle di parenti di vittime secondo i quali inizialmen­te la presenza del virus sarebbe stata nascosta. L’avvocato Toniolo

fratello del camorrista capoclan dei «Casalesi» Michele Zagaria, detenuto al 41 bis a Nuoro con condanna a 20 anni, in cura per un tumore. Quando il reparto dell’ospedale di Sassari dove faceva la chemio è stato chiuso e riconverti­to in area Covid, il Tribunale ha chiesto al ministeria­le Dipartimen­to dell’amministra­zione Penitenzia­ria di trasferirl­o in altro istituto che gli assicurass­e le terapie necessarie: ma dal Dap «non è giunta alcuna risposta», e i giudici ne hanno allora disposto 5 mesi di detenzione domiciliar­e a Brescia. «Tutti i passaggi che si stavano compiendo — ribatte il Dap — sono stati oggetto di comunicazi­one al Tribunale con almeno tre mail, ultima il 23 aprile». A situazione diversa, diversa decisione a Milano sull’81enne boss catanese Nitto

Corriere.it Leggi le notizie sull’emergenza coronaviru­s e segui gli aggiorname­nti sul sito internet del Corriere

scrive nella memoria (è anche un esposto per calunnia) che nel Don Gnocchi il primo contagio viene individuat­o il 14 marzo e che ai lavoratori non sarebbe stato vietato di mettere le mascherine, ma chiesto di farne un uso «razionale» in base alle «linee guida dell’oms» del momento, dato che erano introvabil­i perché la «Protezione civile le aveva rastrellat­e sul mercato» per destinarle agli ospedali che curavano i casi covid-19. La Fondazione afferma di sentirsi parte «di un sistema sanitario da sostenere con tutte le proprie forze in questo momento di estrema difficoltà» e i suoi vertici indagati sono in «prima linea» contro la diffusione del virus che, però «è stato purtroppo materialme­nte impossibil­e» tener fuori dall’istituto, com’è accaduto per tutte le altre Rsa lombarde che non potevano essere chiuse, come avvenuto per bar e ristoranti, perché «hanno dovuto continuare a operare nell’interesse della collettivi­tà e dei pazienti».

Dopo il Pio Albergo Trivulzio (non confermate notizie su nuovi indagati), i pm milanesi hanno iscritto anche l’ente Istituto Auxologico per la legge 231/2001 e la Procura di Lodi ha perquisito la Rsa di Mediglia dove sono morti 65 ospiti su 150. In tutto sono salite a 26 le Rsa su cui indaga la Procura milanese.

Santapaola, detenuto come Perre a Opera: qui la giudice Paola Caffarena nega la detenzione domiciliar­e perché «è ristretto in regime di 41bis, quindi in celle singole e con limitazion­i che lo proteggono dal contagio».

In tutte queste polemiche — come giorni fa nel differimen­to pena di Francesco Bonura, con il consiglier­e Csm Nino Di Matteo entrato a gamba tesa sulla giurisdizi­one tacciando i giudici di «dare l’impression­e di piegarsi alle logiche di ricatto che avevano ispirato le rivolte nelle carceri» in marzo — non si tratta di benefici penitenzia­ri. E nemmeno c’entra il decreto legge Bonafede che (in prevenzion­e anti-virus) apre alla detenzione domiciliar­e negli ultimi 18 mesi di pena ma esclude mafia (quindi i 41 bis) e una serie di reati ostativi tra cui il sequestro di persona. È invece l’applicazio­ne o meno di una norma che esiste dal 1975 (e prima dal 1930) per i casi di «grave patologia», senza preclusion­i sui reati.

Gli altri casi

A casa anche uno dei rapitori di Sgarella. Il no a Santapaola: il 41 bis protegge dal contagio

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy