Quando le inchieste valgono più di mille discussioni fatte nei talk
Ci sono inchieste che valgono molto più di mille discussioni; ci sono servizi sul posto che sgombrano la nostra mente dagli sterili alterchi dei professionisti dei talk. Vorrei segnalarne due, particolarmente toccanti. La prima, «Coronavirus. Il confine con la realtà» a cura di Carlo Gorla e Irene Tarantelli, è andata in onda su Rete4 (ora è su Mediaset Play).
L’impianto narrativo è semplice ma efficace: a parlare sono i protagonisti che hanno vissuto in prima persona la crisi, i loro sguardi carichi di preoccupazione, le immagini di una faticosa lotta quotidiana contro il virus. Tre luoghi, tre storie, tre punti di vista differenti carichi di emozioni, dentro una storia comune «surreale». Bergamo, Cremona, Piacenza: i vertici di un triangolo del dolore che l’inchiesta ha il merito di raccontare sempre con uno sguardo positivo, di speranza.
La narrazione è plurale e modulata su approcci emotivi diversi; la testimonianza del maresciallo Damiano, in particolare, riesce a portare le telecamere al di fuori dei reparti, dando respiro a un racconto che rischierebbe di soffocare tra i corridoi e le stanze delle strutture ospedaliere.
La seconda inchiesta è una puntata speciale di «Bersaglio mobile» di Enrico Mentana, «Il massacro nascosto» firmata da Guy Chiappaventi e
Flavia Filippi (La7, ora su Rivedila7). La voce narrante è dell’attore bergamasco Alessio Boni. Al centro del racconto ci sono i due mesi terribili del territorio che forse, più di altri, ha dato origine alla diffusione così esplosiva del coronavirus in Lombardia: la val Seriana.
E poi Bergamo, le tante strutture Rsa, il ritardo colpevole nel non aver istituito la zona rossa, i morti, i funerali frettolosi. Colpisce soprattutto il dramma silenzioso vissuto dagli anziani, dagli ospiti delle case di riposo e dai loro familiari. Anche qui il racconto è essenziale e proprio nella sua sostanzialità fa venire i brividi.