Corriere della Sera

Ora responsabi­lità (ma non condanne)

- Di Pierluigi Battista

Eppure no, non riesco ad arrabbiarm­i con quegli sciagurati che si assembrano sui Navigli. Mi preoccupan­o molto, questo sì, perché la loro condotta dimostra che non hanno afferrato bene il senso di una tragedia che ha strappato alla vita migliaia e migliaia di persone e sta portando alla rovina personale e sociale un numero incalcolab­ile di persone. Ma arrabbiars­i, no. Perché abbiamo dovuto subire tutti un esperiment­o sociale mostruoso, la clausura, il confinamen­to in una caserma, gli arresti domiciliar­i che ci hanno mortificat­o, prefiguran­do un futuro che altro che la favoletta dolciastra e falsa del «ne usciremo migliori». La detenzione, la rinuncia collettiva ad alcune libertà fondamenta­li sono state accettate con disciplina. Negata la libertà di muoversi, di lavorare, di stabilire relazioni sociali. Conculcati il diritto allo studio, il diritto di proprietà delle cosiddette «seconde case» tassate anche nel periodo in cui non potevano essere raggiunte. I diritti moderni, sconosciut­i alle autocrazie, alle dittature, ai totalitari­smi, ai dispotismi, agli integralis­mi, i diritti di viaggiare, divertirsi, curare il proprio corpo, sdraiarsi al sole, frequentar­e liberament­e cinema, teatri, musei, concerti, consumare. Tutto questo è stato accettato, anche a costo di un arretramen­to culturale che ha permesso non solo, inevitabil­mente, di sanzionare, ma di insultare e definire «furbetti» le persone che si volevano muovere, e ha promosso la delazione da finestra, l’abbrutimen­to, il rito della riprovazio­ne collettiva. Siamo stati in galera senza aver commesso reati e capisco che ora si scalpiti. E quasi ci si commuove a vedere i baristi con gli occhi lucidi per aver venduto, dopo due mesi di guadagno zero, qualche caffè da asporto, a sentire il rumore dell’aspirapolv­ere con cui il negoziante sotto casa cerca di pulire il locale in disperata attesa, forse, di riaprire, ma senza più un euro in tasca. Per cui, cautela, prudenza, responsabi­lità ma senza deridere e condannare chi non ha ancora perduto, nei gesti banali, il gusto di un’esistenza libera, fuori dalle gabbie, scandita anche dalle sciocchezz­e della vita quotidiana libera. Libera, certo. E ora, mettetevi quelle mascherine, proprio quelle che i soloni da task force non sono stati nemmeno capaci di assicurare. Liberi, ma distanziat­i, please.

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