«Le ho scritto una canzone per mandare via le nuvole scure»
«Sono esausto, davvero. Non ho avuto un attimo di tregua». È sul treno da Roma diretto verso Nord, Enzo Romano, mentre la sua Silvia è in automobile sull’a1 insieme alla madre Francesca. Strade diverse ma stessa destinazione, il Casoretto, dove Milano aspetta per riabbracciare una famiglia messa di fronte alla prova più dura. «Ora voglio sedermi a parlare con mia figlia, capire cosa vuole fare, cosa prova, cosa sente. Dobbiamo rispettarla, ascoltarla, lasciarle spazio e aria. È presto, troppo presto ancora». Mesi e mesi ad aspettarla, a contare i giorni passati e a sperare di vedere arrivare quello buono, aggrappandosi alla sua musica per non impazzire. «Siamo stati lontani, è vero, ma è come fossimo sempre stati in contatto, lo sa. Io le ho scritto delle canzoni, una in particolare. E con quelle ci siamo parlati, attraverso l’anima». Si commuove
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Io sono un pacifista, non risponderò a nessuna di quelle schifezze che hanno detto, non lo meritano
d Silvia è andata in Kenya a lavorare per gli altri, mettersi al servizio di chi è meno fortunato
papà Enzo. Ma si rabbuia quando pensa a cosa stanno dicendo della sua bambina. «Non devono nemmeno provarci, voglio tenere tutto questo lontano da Silvia, si merita il rispetto e la quiete che le servono per tornare alla vita. Ma sono un pacifista, un gandhiano della parola io, non risponderò a nessuna di quelle schifezze che sono riusciti a dire, non se lo meritano nemmeno». E a chi parla di sua figlia come se si potesse ridurla a un vestito o un’immagine, Enzo risponde con tutto l’orgoglio di un padre di una figlia in gamba. «Silvia è andata in Kenya a lavorare per gli altri, mettersi al servizio di persone meno fortunate e aiutarle grazie alle sue capacità e al suo sorriso. Non è l’unica per fortuna, il nostro Paese è pieno di ragazzi in gamba. Ma lei è davvero speciale. E ora l’importante è che sia tornata da noi sana e salva».
Silvia che sorride dalla scaletta dell’aereo, Silvia che guarda il suo papà inchinato di fronte a lei. «Sono stati momenti intensi come uno tsunami, ora voglio mandare via tutte le nuvole grigie dal cielo e fare sì che sopra di lei ci siano solo cieli stellati e notti serene, come quelli dell’africa che lei ama tanto».
La distanza sul treno garantisce un po’ di privacy per parlare. Ma le gallerie all’altezza di Firenze disturbano la comunicazione. Il signor Enzo è stanco, ha lottato tanto in questi mesi. E ieri notte non ha praticamente chiuso occhio. «Non ne posso più di parlare al telefono, ora voglio solo stare in silenzio e pensare alla mia Silvia, lasciatecelo fare per favore. Fatelo per noi. Ma soprattutto fatelo per lei».