Il reddito di emergenza
Un altro capitolo del decreto che richiede ulteriori riflessioni e che sta prolungando lo scontro all’interno dei partiti di governo è quello del reddito di emergenza pensato per le famiglie in difficolta: compatti sul sì i Cinque Stelle, scontenta Italia viva. La misura per i nuclei che non beneficiano di altri sussidi, con un Isee di 15 mila euro e un patrimonio entro i 10 mila euro, dovrebbe essere erogata in 2 quote tra i 400 e gli 800 euro ciascuna in base al nucleo
picadores che infilzano il toro durante la corrida per indebolirlo prima del colpo finale del torero. E invece, si tratta di misure che vanno prese presto e bene, per rianimare il sistema produttivo e restituire fiducia alle famiglie, non per dissanguare ulteriormente l’economia. Non solo le polemiche ma la perdita di tempo equivalgono a moltiplicare e aggravare le ferite sociali provocate dal coronavirus. E gonfiano lo scontro tra governo nazionale e regioni sui tempi della riapertura: tanto più se il conflitto si consuma con le giunte di centrodestra, da nord a sud. Per il leader leghista Matteo Salvini diventa più facile additare le liti nella maggioranza e velare la crisi della sua strategia del muro contro muro. La riapertura di molte delle attività il 18 maggio prossimo, decisa ieri pomeriggio dopo una teleconferenza tra il premier e i governatori, placa solo momentaneamente un contrasto destinato probabilmente a riproporsi nei prossimi giorni. Con simili premesse, può apparire quasi stucchevole ma è inevitabile chiedere un sussulto di responsabilità alle forze di maggioranza e a quanti nell’opposizione dovranno contribuire a migliorare il provvedimento. Immaginare adesso una crisi di governo al buio o un voto anticipato si conferma, oltre che azzardato, inutile. Ma a nutrire il nervosismo contribuisce l’incapacità di Palazzo Chigi a superare un eccesso di mediazione che lo mostra prigioniero di una specie di nuovo contratto, stavolta non formalizzato, tra i partiti della coalizione: forse dimenticando che quello tra M5S e Lega è finito male, insieme col primo governo Conte. La fase che si apre richiede un approccio nuovo e alleanze chiare, non i pasticci al ribasso del passato.