Il M5S contro gli alleati Conte cerca la mediazione
Sul tavolo la situazione di 600 mila lavoratori per sei mesi Pd e Leu fanno fronte comune con Italia viva Il Movimento poi spiega: testo migliorato, ma non basta La prima intesa saltata in poche ore
ROMA Un ordigno pronto ad esplodere in Consiglio dei ministri. La vicenda della regolarizzazione dei migranti per i lavori stagionali nell’agricoltura e per colf e badanti sembrava avere raggiunto un punto d’equilibrio nella notte di domenica, con un’intesa di massima. Sono bastate poche ore di comunicati e messaggi social martellanti dei 5 Stelle per far suonare il campanello d’allarme a Palazzo Chigi.
Il premier Giuseppe Conte assiste prima con sorpresa poi con rabbia alla successione di critiche del Movimento che smantellano pezzo a pezzo un accordo che era stato trovato dopo lunghe trattative. I suoi sospetti si concentrano subito sul ministro degli Esteri Luigi Di Maio, con il quale c’è una freddezza nata anche dal non avere informato la Farnesina in tempo reale della liberazione di Silvia Romano. L’ex leader del Movimento avrebbe convinto Vito Crimi e il ministro Nunzia Catalfo a fare un passo indietro. Conte si attiva subito e parte un giro di telefonate con tutti i ministri coinvolti: «Cerchiamo di trovare una soluzione ragionevole», spiega ai partecipanti. Ma le posizioni restano ferme.
L’uscita del ministro dell’economia Roberto Gualtieri, alle otto di sera, lascia interdetti anche molti dei 5 Stelle. C’è stato un nuovo cambio di linea, si chiedono? Perché
Gualtieri dà per certo un accordo che, almeno sui social, era saltato. Ma il ministro non ha ottenuto il via libera dai 5 Stelle. Sta solo enunciando la verità, e cioè che quell’intesa notturna non era stata messa in discussione ufficialmente da nessuno, che non c’era stato nessun tavolo per modificarla. È quasi una sfida ed è la stessa sfida che lancia il ministro Teresa Bellanova, pronta a lasciare il suo posto in casi estremi: «Venite a dircelo in Consiglio dei ministri che non volete combattere il lavoro nero».
Del resto la Bellanova si fa forte anche della promessa strappata al premier Conte e cioè del fatto che la regolarizzazione dei migranti sarebbe entrata all’interno del decreto Rilancio. Per questo non parla,
Le tappe
L’immunità penale M5S contro l’immunità per il datore di lavoro che si autodenuncia I dem: non si revoca
per questo cerca a lungo un’intesa, accettando anche modifiche, pur di salvare la regolarizzazione dentro il decreto.
Alle accuse di voler tutelare i «caporali» con lo scudo penale, Iv e Pd rispondono rilanciando alle agenzie quella parte dell’intesa nella quale si esclude l’immunità per i datori di lavoro indagati o condannati per reati legati al caporalato. Soprattutto da Italia viva sono infuriati: «Ma chi comanda tra i 5 Stelle? Ognuno dice la sua opinione e non si sa più con chi parlare. La verità è che sono nel caos e vogliono alzare un polverone per fare uscire la regolarizzazione dal decreto e mandarla a morire su un binario morto».
A placare gli animi interviene ancora il premier e in serata si comincia a intravedere qualche spiraglio. Dai 5 Stelle, alle 22, filtra una qualche apertura: «Il testo è migliorato, ma non è ancora stato trovato un accordo. Certo, non sono cose di piccolo conto che mancano, ma qualcosa si sta muovendo».
Del resto, l’alternativa sarebbe uno scontro frontale in Consiglio dei ministri tra i 5 Stelle e Italia viva. Non proprio un bel viatico mentre arriva la mozione di sfiducia contro il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede con Matteo Renzi in posizione attendista e non propriamente
La promessa Bellanova ha strappato al premier la promessa di avere la sanatoria nel decreto Rilancio
in posizione favorevole al Guardasigilli. Conte non può permettersi altri elementi di fibrillazione dell’esecutivo e uno scontro sarebbe fatale, anche perché stavolta al fianco di Italia viva ci sono anche le altre forze del centro-sinistra, dal Pd a Leu.
Per questo i manovratori tornano a sentirsi e a cercare una mediazione, per questo il Movimento sembra tornare sui suoi passi e si dice pronto a risedersi al tavolo per accettare la regolarizzazione in cambio di una qualche concessione. I 5 Stelle vorrebbero la revoca dell’immunità penale per il datore di lavoro che si autodenuncia. «Figuriamoci — rispondono dal Pd —. Senza non avrebbe senso tutta la normativa».