Mascherine, scorte finite: scontro farmacisti-arcuri Le accuse di Confindustria
Federfarma denuncia anche la scarsità di alcol e guanti Il commissario: le chirurgiche mancano per colpa dei distributori. Le imprese della moda: è consigliato male
Apiù di un mese dall’inizio del percorso che avrebbe dovuto rendere disponibili le mascherine in tutta Italia e a un prezzo calmierato (per quelle chirurgiche) di 50 centesimi (+Iva), si infiamma lo scontro con il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri. Mentre i dispositivi che proteggono dal virus continuano a mancare sul mercato. Ieri è stato un botta e risposta tra Federfarma e Confindustria moda, da una parte, e Arcuri, dall’altra.
«Nella quasi totalità delle farmacie dove sono state consegnate a prezzo calmierato, per esempio a Roma, le mascherine chirurgiche sono già finite. Non sono state ancora consegnate in altre grandi città come Milano e Torino. Le ingenti quantità promesse, affinché queste ultime fossero nella disponibilità delle farmacie, purtroppo non sono arrivate», ha denunciato Marco Cossolo, presidente di Federfarma. «Mi viene da dire che Arcuri è consigliato male», ha incalzato a sua volta Gianfranco Di Natale, direttore generale per gli affari istituzionali di Confindustria moda.
«La colpa non è mia, ma di distributori e farmacisti. Le farmacie — ha replicato Arcuri — non hanno le mascherine perché due società di distribuzione hanno dichiarato il falso, non avendo nei magazzini i 12 milioni di mascherine che sostenevano di avere». E ancora: «Il prezzo massimo è stato fissato nell’esclusivo interesse dei cittadini. Chi oggi afferma di non avere mascherine e di aver bisogno delle forniture del Commissario, fino a qualche settimana fa le aveva e le faceva pagare ben di più ai cittadini».
Intanto, però, sul mercato non si trovano. E non solo loro. «C’è una fortissima carenza da Nord a Sud anche di alcol e guanti», lamenta il segretario nazionale di Federfarma, Roberto Tobia. Le materie prime sono andate alle stelle, i fornitori hanno applicato il rincaro e i rivenditori si ritrovano a pagare un costo d’acquisto altissimo. «Un pacco di guanti da 100 pezzi ci è stato offerto a 22 euro, rispetto ai 5 dell’era pre-covid», dice Cossolo.
Le imprese produttrici di mascherine in Italia ci sarebbero, ma non al prezzo imposto dal governo. Spiega Di Natale: «Il governo ci aveva chiesto di creare una filiera “autarchica” per la produzione di mascherine: in 10 giorni abbiamo messo insieme 200 ditte e in 15 giorni siamo andati in produzione. Oggi abbiamo un totale di 400 aziende in grado di far uscire 5 milioni di pezzi alla settimana. Mi riferisco ai dispositivi del terzo tipo, quelli per la collettività, art. 16 secondo comma del decreto». Quindi non alle chirurgiche, indicate per uso medico ma molto richieste dai cittadini in farmacia. Mentre la moda si mobilitava, «ci siamo ritrovati, da una parte, con un prezzo limitato a 50 cent senza che nessuno ci avesse chiesto niente, e dall’altra leggiamo sui giornali che le scorte arrivate dalla Cina per la gran parte sono senza certificazione. Abbiamo perso inutilmente tempo». Non solo, le aziende hanno investito per riconvertire le produzioni. E, infatti, la moda ha protestato immediatamente non appena saputo il prezzo imposto. Proteste che il commissario aveva bollato come «sentenze di liberisti da divano con cocktail in mano».
«Non vogliamo fare polemiche — dice Di Natale —, solo mettere l’accento su problemi ai quale forse non si è prestata attenzione». Le mascherine frutto della riconversione
Gli industriali
Di Natale: per la filiera di produzione italiana il prezzo corretto sarebbe di 1,50 euro
hanno un costo al produttore — spiega — che va dai 45 ai 60 centesimi e venivano vendute ai rivenditori attorno ai 90 centesimi. Il prezzo corretto al pubblico sarebbe, dunque, attorno a 1,50 euro. Si tratta per lo più di modelli lavabili, dunque riutilizzabili, in tnt (tessuto non tessuto), di qualità, realizzate secondo le indicazioni del decreto Cura Italia. «Non c’è solo il tema del prezzo, ma anche della sostenibilità — dice Di Natale —. I 50 centesimi riguardano le mascherine chirurgiche, che hanno una vita da 4 a 6 ore. Se immaginiamo 40 milioni di italiani che dovrebbero indossarle, dobbiamo pensare a 60 milioni di pezzi al giorno. Come le smaltiamo? Ieri sono andato a fare una corsa in un parco e le ho trovate buttate in giro».