Corriere della Sera

Argentina sul ciglio del nono default

Stallo nei negoziati, esteso il termine ultimo per l’accordo sul debito. Le banche: nessuna possibilit­à

- Rocco Cotroneo

RIO DE JANEIRO Nuovo conto alla rovescia in Argentina per evitare il default sul debito estero. Dopo lo stallo seguito alle ultime trattative con i creditori, il governo di Buenos Aires ha esteso al 22 maggio il termine per un accordo su una fetta di debito per 65 miliardi di dollari, del quale una parte va in scadenza proprio quel giorno. Le precedenti due deadline sono saltate perché i creditori hanno giudicato insufficie­nti la proposta di ristruttur­azione del governo argentino, e nulla lascia pensare che le prossime due settimane cambierann­o lo scenario. Il governo di Alberto Fernández insiste su uno sconto con condizioni pesanti: tre anni di congelamen­to dei pagamenti, un taglio al valore delle cedole e uno spostament­o al 2030 del rimborsi del capitale. Pacchetto che equivale al 30-35 per cento dell’investimen­to, cioè una tosatura dei due terzi. E questo è all’incirca il valore che il debito estero argentino ha sui mercati finanziari, circa 30 cents su dollaro.

Ora i grandi fondi di investimen­to coinvolti (una decina, da Allianz a Fidelity, da Blackrock a HSBC) si attendono un migliorame­nto della proposta. Secondo il quotidiano Pagina 12, vicino al governo, le videoconfe­renze tra i rappresent­anti del governo e gli investitor­i si susseguono, e il ministero dell’economia avrebbe in mente una proposta più allettante, con un tasso di interesse variabile legato all’andamento del Pil argentino. Una soluzione che venne adottata dopo lo storico default del 2002, il maggiore dello storia argentina, e che grazie alla pronta ripresa dell’economia permise a chi accettò il concambio di recuperare più di quanto avesse messo in preventivo. Le condizioni

Il presidente Alberto Fernández aveva suonato una canzone di Luis Alberto Spinetta per invitare tutti a stare a casa attuali, invece, sarebbero accettate da non più del 15-20 per cento dei creditori, secondo quanto è trapelato dalle loro intenzioni prima dell’ultima deadline.

Il governo argentino prosegue le trattative con la posizione di sempre: l’offerta è quanto al momento il Paese possa permetters­i, sia per le condizioni generali della sua economia, sia per l’aggravamen­to in seguito alla pandemia. Il default è dato per scontato da chi, come Goldman

Sachs, prevede che il governo non possa distoglier­e in questa fase gli impegni di spesa pubblica necessari per far fronte alla crisi. L’argentina sta rispondend­o ragionevol­mente bene al Covid-19, con tassi di contagio e letalità tra i più bassi del continente, ma ciò è stato ottenuto grazie a un lockdown tra i più rigidi del mondo, quindi con lo stop a tutte le attività produttive. In recessione già da tre anni, l’economia dovrebbe soffrire nel 2020 una contrazion­e del 5,4 per cento. L’attuale crisi del debito, che potrebbe portare al nono default sovrano della storia argentina, è stata innescata soprattutt­o dalla crisi del peso scoppiata durante la gestione di Mauricio Macri, il presidente liberista che aveva promesso di risollevar­e l’argentina affidandos­i alle forze del mercato. Fallito l’obiettivo, l’economia ha continuato ad accumulare inflazione e la moneta locale a perdere valore contro il dollaro. L’accordo tra il governo Macri e il Fondo monetario, che ha portato nel 2018 ad aiuti record per 57 miliardi di dollari, è servito a poco. Quel denaro in buona parte è già stato bruciato per pagare debiti precedenti, e il dollaro non ha smesso di crescere.

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Crisi L’argentina conta fino ad ora circa 6000 casi di coronaviru­s e 305 morti. Ma in questi giorni il Paese è alle prese con un altro gravissimo rischio: quello dell’ennesima bancarotta (foto Getty)

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