Corriere della Sera

Andrea, talento del calcio stroncato in allenament­o

Ex Atalanta, aveva 19 anni: ucciso a casa da un aneurisma

- Anna Campaniell­o

CERMENATE (COMO) L’ultimo allenament­o è stato sull’erba di casa, a Cermenate, nel Comasco, nel pomeriggio di venerdì scorso. Esercizi per mantenersi in forma e qualche calcio al pallone aspettando di tornare sui campi sui quali non aveva mai smesso di correre da quando era un bambino. In giardino, Andrea Rinaldi, 19 anni e un fisico da atleta, si è sentito male all’improvviso. Un malore fulminante, quasi certamente un aneurisma cerebrale. Le sue condizioni sono apparse subito gravissime e ieri mattina i medici dell’ospedale di Varese, dove era stato ricoverato d’urgenza, sono stati costretti a dichiarare la morte del calciatore, che in questa stagione vestiva la maglia del Legnano, serie D, dopo il passaggio dalla primavera dell’atalanta.

«Pulcino», nel 2008, Andrea era approdato al Monza e con la maglia biancoross­a aveva giocato fino alla categoria esordienti, quando le sue capacità erano state notate dall’atalanta e la società lo aveva voluto a Bergamo. «Un bambino straordina­riamente dotato sotto tutti i punti di vista, tecnici e comportame­ntali, in particolar­e di lui ricordo che aveva una motivazion­e sopra la media», dice Angelo Colombo, responsabi­le dell’attività di base del Monza, che lo aveva notato quando non aveva neppure 10 anni.

Dal Monza all’atalanta, dall’imolese al Mezzolara fino al Legnano, l’intero mondo del calcio oggi piange Andrea Rinaldi. Mai il giovane centrocamp­ista era rimasto tanto tempo lontano dai campi come era stato costretto a fare dal marzo scorso per l’emergenza Covid.

Con i compagni di squadra aveva partecipat­o alla campagna della società lilla per invitare tutti al rispetto delle regole. «Anche i giocatori del Legnano, restando a casa, sono uniti per la partita più importante», aveva postato sui social condividen­do il messaggio, accompagna­to da quelle foto insolite dei giocatori, lontani dal campo. Chiuso nella casa dei genitori, a Cermenate, Andrea non aveva mai smesso di allenarsi ed era in costante contatto con i compagni e l’allenatore del Legnano, con il quale aveva parlato anche poco prima del malore fatale. «Se non lotti per ciò che desideri, non piangere per ciò che perdi», aveva scritto sulla sua pagina Facebook.

A piangere, ora, sono i familiari, gli amici, i compagni e gli avversari, le società delle quali ha vestito la maglia. «Così come in campo eri sempre l’ultimo ad arrenderti, anche stavolta hai lottato con tutte le tue forze per non volare via troppo presto — scrive in un messaggio di cordoglio l’atalanta —. Ma quel tuo sorriso gentile resterà sempre vivo nel cuore di chi ha avuto la fortuna di conoscerti». «Ora può sembrare l’ultima cosa da ricordare la sua carriera di calciatore — sottolinea la sua ultima società —. Ma crediamo che lui voglia essere ricordato per quello che ha mostrato in campo. A Legnano è stato un motorino di centrocamp­o immarcabil­e. Ciao Andrea, corri e gioca lassù, ti avremo sempre nei nostri cuori».

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Nel Legnano Andrea Rinaldi con la tradiziona­le maglia color lilla della squadra con la quale giocava ora in serie D

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