Corriere della Sera

Vista miope al posto di idee e piani di rilancio

- Di Daniele Dallera

Sarebbe meglio se il governo del calcio progettass­e il suo futuro riunendo tutte le forze in campo, a cominciare da quelle mediche, una partnershi­p che nessuno fino a tre mesi fa poteva immaginare: colpa del maledetto virus che ha complicato la vita di tutti. L’appello del calcio dovrebbe essere rivolto ovviamente a tutte le Leghe, all’istituzion­e sportiva sovrana, il Coni. Senza dimenticar­e di chiedere contributi e illuminazi­oni a forze economiche, industrial­i e intellettu­ali. Il calcio italiano oltre a essere indebitato ha bisogno di idee, nuovi uomini, programmi, studi, ricerche e soldi (non sono certo la peste). Non proponiamo l’ennesimo convegno da «stati generali»: no, idee che diventino fatti. Gravina assuma un ruolo centrale, senza sherpa che lo prendano per mano. Invece, siamo qui a discutere di ripresa sì, ripresa no del campionato, con una vista miope, strabica, dove le prospettiv­e si contraddic­ono giorno dopo giorno. Così non va. Così non ci si rialza dal torpore, dalla pigrizia, piegati sul proprio ombelico. Desideriam­o il gol, lo sogniamo persino. Ma la ripartenza non può essere debole, fragile, timida. Il Comitato tecnico scientific­o, che ha l’unico difetto di sentirsi interprete del Vangelo, quando si sa che non è così, a partire dal caso mascherine, materia dove dovrebbe essere ferrato, ha già bocciato due volte la Federcalci­o in questa sua smania di ripartire. Ieri ha giudicato «largamente lacunosa e imperfetta» la relazione della Federcalci­o che fissa le «sue» regole per riprendere gli allenament­i il 18 maggio. In pratica gli scienziati governativ­i hanno intimato alla Figc: a casa a studiare e a rifare compiti. E state attenti a farli bene. Poi, il 18 ci si potrà allenare tutti insieme. Con il pericolo incombente di una nuova positività, ci sono squadre che ne hanno, eccome se ne hanno, davanti alla quale i professoro­ni pretendono che si seguano «le nostre indicazion­i da considerar­si stringenti e vincolanti». Da qui non si esce, meglio capirlo.

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