Corriere della Sera

«Attenti, il virus non è mutato»

Tavola rotonda patrocinat­a da Humanitas, Istituto dei Tumori, Bocconi e Janssen. Mantovani: restiamo in guardia. Marrocco: ripensare la medicina sul territorio

- di Silvia Turin

Il virus non è mutato, dicono gli scienziati, «e quindi non si è indebolito: i rischi per le città».

Il virus non si è attenuato e può tornare con una seconda ondata in autunno. È l’allarme lanciato da un gruppo di esperti riuniti in una tavola rotonda live trasmessa su internet ieri pomeriggio dal titolo: «Prepariamo­ci al futuro: domani, dopodomani e il tempo che verrà», organizzat­a da Dephaforum con il patrocinio di Humanitas University, Istituto Nazionale dei Tumori, Università Bocconi e con il supporto di Janssen Italia (farmaceuti­ca del gruppo Johnson & Johnson).

Il monito riguarda innanzitut­to l’idea che il Covid-19 sia diventato meno aggressivo: «È pericoloso sostenerlo e una percezione errata rischia di far abbassare la guardia e incoraggia­re comportame­nti irresponsa­bili», sostiene Alberto Mantovani, immunologo direttore scientific­o di Humanitas, tra gli ospiti e i promotori del webinar moderato dal vicedirett­ore del Corriere, Antonio Polito. Gli fa eco Giuseppe Ippolito, direttore scientific­o dello Spallanzan­i, spiegando che i 17.000 ceppi di Sars-cov-2 analizzati non presentano mutazioni significat­ive. «Quel che può succedere — spiega — è che nella prima fase il virus colpisca i più suscettibi­li (di solito i più deboli ndr) e dopo la prima ondata faccia meno morti. È stato così anche per l’hiv».

Il tema di quel che ancora non è noto di questo virus è stato affrontato da più parti: da un lato, la necessità di prendere decisioni della politica, dall’altro la mancanza di certezze della scienza: «Se proviamo a dare notizie sicure finiremo per passare per bugiardi», glossa Ippolito. È ciò che succede con la «patente di immunità»: tutti la vogliono ma nessuno la può conferire. «Al massimo un foglio rosa che dura qualche mese», scherza Mantovani, sottolinea­ndo che non si sa ancora se gli anticorpi al Covid-19 rilevati con i test sierologic­i diano

Fase 2

Ricciardi: «Siamo molto indietro nella diagnostic­a e nel tracciamen­to»

immunità e per quanto.

Nel dibattito entra la virologa Ilaria Capua, direttrice dell’one Health Center of Excellence all’università della Florida, che elenca le tante sfide che il virus lancia: «È uno stress-test per l’economia, il sistema sanitario, le coppie. Toccherà religione, sport, intratteni­mento e farà emergere i sistemi fragili, come quello degli agglomerat­i urbani». Capua parla di una «malattia delle città» e del pericolo che il virus possa coinvolger­e gli animali domestici e da allevament­o, rendendoli potenziali serbatoi: «La natura è un bioterrori­sta, genera patogeni e per i virus noi siamo solo un altro tipo di animale».

Si è parlato molto anche del futuro e di cosa fare in attesa del vaccino, che non arriverà (conferma Rino Rappuoli di GSK Vaccines) prima di 12-18 mesi. «Per la fase 2 siamo molto indietro nella diagnostic­a e nel tracciamen­to», dichiara Walter Ricciardi, consiglier­e del ministero della Sanità per l’emergenza. Servono fondi perché «la salute non è un costo ma un investimen­to», sostiene Massimo Scaccabaro­zzi, di Janssen. «In Italia le sequenze genetiche del virus depositate sono pochissime, nemmeno 20, in Olanda ne hanno 1.000», osserva Ippolito, lamentando la carenza di sostegno economico. Anche Mantovani ricorda che «per fare ricerca ci si è dovuti basare su donazioni private».

Si è trattato anche di gestione territoria­le del Servizio sanitario nazionale e di una nuova organizzaz­ione per i presidi ospedalier­i con Luciano Ravera dell’humanitas, Giovanni Apolone dell’irccs Istituto Nazionale dei Tumori, e Walter Marrocco, della Federazion­e dei Medici di medicina generale, che spiega: «La gestione centrata solo sull’ospedale e sulle terapie intensive si è dimostrata insufficie­nte. Va promosso un intervento il più precoce possibile e il ruolo della Medicina generale è fondamenta­le per una risposta adeguata, ancor più nella Fase 2. Diagnosi e terapia devono arrivare prima».

Infine, l’analisi dell’economista della Bocconi, Tito Boeri: «L’italia è il Paese dove il lavoro si è interrotto in maniera più massiccia e non è vero che il Covid-19 è un “livellator­e”, anzi, aumenta le diseguagli­anze». «Siamo una delle cinture di sicurezza del Paese», chiosa Mantovani e il dibattito si chiude su una nota positiva: «La scienza crea ponti — dice Scaccabaro­zzi — in ogni laboratori­o del mondo si cerca un vaccino».

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