5 Stelle, Crimi ora è nel mirino Riparte la guerra per la leadership
In chat gli attacchi al reggente: «Senza carisma» Il senatore Dessì: urgente la gestione collettiva Da Morra a Di Battista, si scaldano i concorrenti
La faglia interna dei 5 Stelle segue l’irrisolto dualismo tra ala progressista, che fa capo a Roberto Fico, e quella più sensibile alla concorrenza politica della Lega, che si ricollega a Vito Crimi, Carlo Sibilia e Luigi Di Maio. Ma le tensioni sulla regolarizzazione dei migranti mettono in luce, oltre alle divergenze ideologiche, anche la debolezza della leadership, con Vito Crimi finito nel mirino di molti, perché giudicato «inconsistente», «troppo debole», «senza carisma».
Giudizi impietosi, affiorati nelle chat e in Parlamento, che hanno il loro innesco con la vicenda dei migranti. Perché nella notte di domenica, quando è stata raggiunta una prima intesa, c’era proprio Crimi, assieme a Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede. Dall’altra parte, Dario Franceschini e Giuseppe Provenzano e Andrea Orlando, che hanno avuto buon gioco nel portare a casa il testo che volevano. Solo la mattina Crimi si accorge del possibile boomerang politico: «Cos’avete fatto, il salva-caporali?», gli dicono. Lui stesso si rende conto, anche perché legge le chat interne. Ci sono Laura Castelli, Vittorio Ferraresi, Carlo Sibilia, Giuseppe L’abbate. Se la prendono con lui, che candidamente ammette: «Più leggo la norma, più mi rendo conto che qualcosa non quadra». Ma come, gli dicono, «più leggi la norma? Non l’avevi letta?». Certo, c’è anche chi non condivide le critiche ed è a favore della regolarizzazione dei migranti, come spiega Giuseppe Brescia (vicino a Fico): «Lo dico da quando eravamo al governo con Salvini. Per fortuna sono in buona compagnia, visto che la penso come il magistrato De Raho che dice che
Vito Crimi, 48 anni, da fine gennaio è alla guida dei Cinque Stelle in quanto membro anziano del comitato di garanzia
un’operazione del genere sarebbe un ottimo colpo alle mafie che sfruttano il caporalato».
Questo per Crimi è solo l’incidente finale, perché da tempo è sotto accusa per lo scarso peso che ha il reggente, restato in sella solo grazie all’emergenza virus. Ma assieme al contagio si sta esaurendo anche la tregua, che ha fatto rinviare gli Stati generali a fine anno. Il Movimento è sempre più atomizzato. Beppe Grillo è sparito, stufo di una creatura che non lo diverte più. Davide Casaleggio è sempre meno ascoltato. La sua piattaforma, Rousseau, non viene usata neanche per le call interne (si usa Zoom) e pochissimi pagano l’obolo dei 300 euro al mese. Nicola Morra è livido di rabbia, nascosto dalla Comunicazione proprio mentre provava a rimediare agli errori di Bonafede sulle scarcerazioni dei mafiosi. Alessandro Di Battista lavora «con il favore delle tenebre», come direbbe il premier, in sintonia con Gianluigi Paragone. Il suo appello sui social contro Claudio Descalzi all’eni non è stato fortunain to. Si è parlato di corrente: ma i firmatari sono soprattutto un drappello di scontenti.
In tutto questo,i gruppi contano sempre meno, come il Parlamento. Un deputato invita a dare un occhio più complessivo: «Avete notato che non sorride più nessuno? Dove sono finiti i ragazzi baldanzosi e rumorosi di una volta? Ora si difendono dietro la ragione di Stato per mantenere la loro poltrona. Sono tristi e non sanno bene che ci fanno al governo. Guardate il Blog delle Stelle: qualcuno lo legge ancora?».
questo panorama mogio, spicca il sorriso di Di Maio. In un sinedrio di brevilinei, spicca a sorpresa come un gigante. Alla Farnesina si sta difendendo bene e il sorriso lo perde solo ogni tanto. Come ieri, quando ha lanciato un attacco contro chi aveva scritto di un suo intervento deciso su Crimi: «Retroscena strumentale e, ne siamo certi, pilotato da figure a noi ben note». Tutti si sono chiesti: a chi si riferisce? A Fico? Improbabile. A Giuseppe Conte, e al suo portavoce Rocco Casalino? Non è sfuggito il duello di visibilità mediatica tra i due, nel caso di Silvia Romano.
Ma quanto starà in sella Crimi? Il senatore Emanuele Dessì non ha fretta, ma si chiede: «Non si era parlato di leadership collettiva? Credo che sia diventata urgente». Nel frattempo si scaldano ai banchi di partenza i nuovi leader potenziali. Si parla di Nicola Morra, Paola Taverna, Alessandro Di Battista. E poi ne restano altri due, pronti a sfidarsi: Di Maio e Conte.