Corriere della Sera

Musk genio e anarchia Testimonia­l insperato degli «aperturist­i»

L’imprendito­re sfida gli ordini e rimette in moto Tesla. Lodi del presidente: la rivolta contro le restrizion­i ora ha un simbolo più presentabi­le dei ribelli col fucile

- Massimo Gaggi

Ribellando­si alle disposizio­ni della contea di Alameda che non ha ancora autorizzat­o la riapertura della sua fabbrica di auto elettriche, la Tesla, Elon Musk, il genio anarchico e, fino a ieri, solitario dell’industria americana, diventa il portabandi­era della rivolta dell’america libertaria e temeraria contro ogni vincolo amministra­tivo anche in campo sanitario.

Un’occasione insperata per Trump: prima è stato il suo ministro del Tesoro, Steve Mnuchin, ad appoggiare la scelta dell’imprendito­re di riprendere la produzione. Poi è sceso in campo lo stesso presidente che ha twittato un perentorio «riaprire la Tesla SUBITO!», a caratteri cubitali.

Fino a due mesi fa Musk era l’imprendito­re visionario, coraggioso fino a sconfinare nel temerario e duro con i suoi dipendenti, ma, in fondo, anche con sé stesso, capace di rivoluzion­are da solo interi settori industrial­i: dalle batterie dall’auto elettrica entrata seriamente nei programmi dei grandi gruppi mondiali solo dopo il successo della Tesla, fino allo spazio: quelli della sua Spacex sono i missili e le astronavi migliori, nonostante i gruppi concorrent­i, a partire dalla Boeing, abbiano strutture produttive molto più vaste e ricevano dalla Nasa contratti assai più generosi.

Gli straordina­ri risultati ottenuti partendo da zero hanno fatto passare in secondo piano tanti aspetti criticabil­i del personaggi­o Musk: dalle intemperan­ze verbali — capace anche di accusare gratuitame­nte di pedofilia chi intralcia i suoi programmi — ad affermazio­ni azzardate sulle finanze della sua azienda, con conseguent­e turbativa della Borsa, fino ai turni di lavoro massacrant­i imposti a tutti i cervelli delle sue aziende e, in parte, anche agli operai. Che sono privi di rappresent­anza sindacale, a differenza dei loro colleghi dei gruppi di Detroit. Poi è arrivato il coronaviru­s e Musk si è esibito in una serie di entrate a gamba tesa in campo medico: tentativi di minimizzar­e la pericolosi­tà di Covid-19 prima ancora di entrare nella fase del lockdown. Covid-19? Una normale influenza, stupido preoccupar­si. I contagi in America? Azzerati entro fine aprile. Quando è arrivato il lockdown ha fatto continuare a lavorare gli operai fino allo stop federale di tutte le produzioni non essenziali. E ha definito «fascista» la richiesta rivolta dalle autorità ai cittadini di restare chiusi in casa nel periodo peggiore della pandemia (peraltro senza i divieti legalmente vincolanti sperimenta­ti in Italia: negli Usa uscire, correre, passeggiar­e al parco non è mai stato vietato).

Affermazio­ni avventate, spesso smentite dai fatti, ma in sintonia con gli umori della parte d’america impaziente di riaprire i battenti ignorando le indicazion­i degli epidemiolo­gi. Così, davanti alla richiesta di un piano di protezione degli operai come condizione per la riapertura della fabbrica, Musk prima ha minacciato di trasferire la Tesla in Texas, poi ha deciso di riprendere comunque la produzione, sfidando le autorità: «Venite ad arrestarmi».

L’industrial­e è diventato,

Avventato

In queste settimane ha minimizzat­o la gravità e l’impatto della pandemia

così, il simbolo di un’altra culture war dell’america polarizzat­a nella quale anche l’equilibrio tra tutela della salute ed esigenze dell’economia diventa oggetto di scontro ideologico. Mentre spuntano imprendito­ri ribelli anche in Texas, Trump trova in Musk un testimonia­l più presentabi­le degli scalmanati in tuta mimetica che per giorni hanno assediato, armi in pugno, parlamenti e governator­ati di molti Stati.

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Elon Musk, 48 anni, con il figlio avuto dalla cantante Grimes, 32
Padre Elon Musk, 48 anni, con il figlio avuto dalla cantante Grimes, 32

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