Le ragazze con la valigia e quell’arte di arrangiarsi: stop ai sogni di Africa Milele
La fondatrice Lilian, gli errori e i progetti fermi
Si chiama Karen Blixen, ma ha poco dell’esotismo africano che incantò la scrittrice danese: è il bar degli italiani a Malindi, ritrovo d’expat e pettegolezzi. Per mesi è stato l’ultimo deposito dello zainetto di Silvia Romano. Poche cose lasciate lì, prima di partire per Chakama e per il suo destino di rapita. Come le altre volontarie dell’onlus Africa Milele, vi passava spesso. «Le chiamavamo le ragazze con la valigia», raccontano: «Borse di medicinali e latte in polvere da portare a Chakama. Facevano un po’ da postine. Dovevano
arrangiarsi…».
Arrangiarsi: Africa Milele e soprattutto la sua fondatrice, Lilian Sora, 42 anni, fanese, così è sempre stata percepita nel mondo del volontariato. Ultima arrivata, un filo improvvisata. La figlia diciannovenne coinvolta, la bambina di tre anni e due cagnolini a trotterellarle intorno, Lilian in questi anni ha messo tutta se stessa nel progetto africano. «Devo dire che s’è data molto
Arrivavano con borse di medicinali e latte in polvere da portare a Chakama
da fare», riconosce un’ex collaboratrice: «Anch’io ho portato le famose valigie...». La comunità italiana soprannominava «la Sora Lella» quest’esuberante marchigiana piombata dal nulla con l’ex marito, poi folgorata dall’amore per un masai, Joseph, messo subito a capo della missione a Chakama. Il progetto d’un orfanotrofio, l’educazione dei piccoli, la raccolta di cibo. L’entusiasmo di Lilian aveva attratto Silvia, giunta via Facebook e senza troppa attenzione a leggerezze organizzative, come ipotizzano i Ros che hanno riscontrato come la ragazza fosse in Kenya senza nemmeno l’assicurazione per malattie e infortuni («non c’era stato ancora il tempo materiale di fare la polizza»). La mamma della volontaria milanese non vuole più sentir parlare di Lilian. Lilian ha tentato inutilmente di parlare coi Romano. Sostiene d’essere sicura su chi abbia «incastrato» Silvia, senza però fare nomi. Tempo fa, raccontò d’un keniano che mandava richieste di riscatto e alludeva a un italiano – mai identificato - come organizzatore della truffa. Il giorno del rilascio, dopo tanto silenzio, è ricomparsa sul suo sito con due parole in maiuscolo: «La gioia». Nessuno dalla famiglia ha condiviso con lei tanta contentezza. I suoi progetti si sono fermati, i donatori si sono eclissati, la scuoletta di Chakama è semichiusa. «È un miracolo se siamo ancora vivi», dice Lilian. Il ricordo della sua Africa Milele, Africa per sempre, resterà per sempre legato a questa brutta storia.