Caso Di Matteo Bonafede: «Solo illazioni vergognose»
Rivendica «trasparenza e verità», il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, nell’informativa alla Camera sul «caso Di Matteo». E per giustificare il dietrofront sulla nomina dell’ex pm antimafia alla guida del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria nel 2018, ha spiegato che il capo del Dap non si occupa solo di detenuti mafiosi, ma pure di edilizia carceraria, rapporti con i sindacati, e molte altre questioni burocratiche; sebbene ciò fosse noto anche quando il ministro propose a Di Matteo quel posto, o in alternativa quello (da ridisegnare con apposita riforma) che fu di Giovanni Falcone. Concludendo (secondo la ricostruzione di Di Matteo): «Scelga lei». Invece il giorno dopo scelse lui, nominando al Dap un altro magistrato. Respinte ancora una volta le «vergognose illazioni» su condizionamenti mafiosi o di altro genere, Bonafede ha dovuto sentire l’ex alleato leghista Jacopo Morrone accusarlo di «inadeguatezza fin dal primo giorno del governo Conte 1», cioè quando lo stesso Morrone rimase al suo fianco per un anno come sottosegretario alla Giustizia. Nonché le critiche del forzista Enrico Costa sul «derby del fanatismo giudiziario», riprese — dall’interno della maggioranza — da Iv con Lucia Annibali: «È ora di ammainare la bandiera del giustizialismo».