SILVIA: UNA BUONA NOTIZIA NON UNA VITTORIA NAZIONALE
ACari lettori, bbiamo ricevuto moltissimi messaggi e mail sulla vicenda di Silvia Romano, quasi tutti critici; del resto quando si scrive a un giornale di solito lo si fa per criticare. In realtà, la liberazione di una giovane donna è sempre una buona notizia. A volte, non tanto nei vostri messaggi quanto in rete, si riaffaccia l’antica mentalità per cui le donne dovrebbero stare a casa, e se incappano in una disavventura «se la sono andata a cercare». Si tratta di una mentalità da respingere con nettezza e da superare.
Un conto però è una buona notizia; un’altra una vittoria nazionale da celebrare. Non è questo il caso. Non mi pare lesa maestà criticare la corsa ad annunciare la liberazione di Silvia via twitter, prima ancora di avvertire la famiglia, e poi la gara ad andare a prenderla in aeroporto (anche se in effetti non è la prima volta che questo accade). Non abbiamo sgominato gli assassini di Al Shabaab; li abbiamo finanziati con il denaro pubblico. Ne valeva la pena per salvare una vita; ma in questi casi la discrezione è preferibile all’ostentazione. Quanto alle conversioni, sono sempre un affare del cuore, e quindi privato; è legittimo però chiedersi quanto sia libera la scelta di convertirsi in prigionia alla religione dei carcerieri. Lo slancio umanitario è sempre da apprezzare: non possiamo dire a ogni occasione «aiutiamoli a casa loro», e poi lamentarci di chi tenta di farlo. Ma è doveroso, anche per il futuro, ragionare bene prima di affidarsi a una ong qualsiasi. Un conto è andare in Africa, ad esempio, con Sant’egidio: forse l’organizzazione non governativa più radicata nel continente, dove è presente da decenni, dove è in grado di valutare opportunità e pericoli, in Paesi che conosce bene e talora ha contribuito a pacificare. Un altro è affidarsi a una ong semisconosciuta, che all’evidenza non ha saputo difendere Silvia.