Intesa, l’antitrust apre un’istruttoria: Ubi può essere un terzo polo bancario
Il Garante sull’ops: valuteremo le condizioni. Il gruppo: normale procedura
Con la sua offerta di scambio su Ubi Banca, Intesa Sanpaolo eliminerebbe dal mercato «un operatore di medie dimensioni che in un futuro non remoto avrebbe potuto fungere da polo di aggregazione, costituendo un terzo gruppo bancario di grandi dimensioni che si sarebbe affiancato alle due banche maggiori», ovvero la stessa Intesa Sanpaolo e Unicredit. È uno dei passaggi chiave della relazione di avvio dell’istruttoria decisa dall’autorità Antitrust sull’ops di nuove 17 azioni Intesa Sanpaolo ogni 10 Ubi, annunciata il 17 febbraio.
L’altro punto di verifica è che «la sostanziale simmetria fra i primi due gruppi bancari nazionali verrebbe superata per effetto dell’operazione in esame, con l’importante di crescita di Intesa Sanpaolo». Insomma, l’istituto guidato da Carlo Messina potrebbe diventare troppo grande e forte.
Ieri il garante Giuseppe Rustichelli ha inviato la Guardia di Finanza nelle sedi di Intesa
● Roberto Rustichelli, presidente dell’antitrust: l’autorità ha avviato un’istruttoria circa gli effetti sulla concorrenza e il mercato dell’acquisto di Ubi Banca da parte di Intesa Sanpaolo. Per il garante ci sono dei profili di concentrazione da valutare
Sanpaolo, di Ubi e dell’advisor Mediobanca a recuperare i documenti necessari all’istruttoria, per la quale sono previsti 60 giorni lavorativi, quindi fino a luglio. Una normale prassi, spiegano dal garante e dalla banca.
A far scattare le verifiche sono state anche le osservazioni presentate dall’istituto guidato da Victor Massiah all’antitrust. Sotto la lente ci sono anche gli accordi con Bper per la cessione delle filiali e delle attività ex Ubi che facciano superare a Intesa Sanpaolo i limiti antitrust. Il contratto è già vincolante tra le due banche ma dovrà essere poi puntualizzato circa le filiali da cedere in base alle indicazioni antitrust.
Intesa continua ad andare avanti sull’operazione, la cui strategicità è stata ancora di recente ribadita dal ceo. Le dimensioni conteranno — ha spiegato in sostanza il banchiere — perché saranno necessarie adeguate coperture sui crediti, in particolare per affrontare e gestire le nuove sofferenze che si determineranno dopo la crisi che si determinerà per il Covid-19.
Proprio sugli effetti economici del blocco dell’economia per il Coronavirus le due banche si stanno confrontando a colpi di carte bollate. Circa un mese fa il consiglio di Ubi Banca ha inviato a quello di Intesa Sanpaolo una richiesta relativa alle eventuale clausole «Mac» (cioè di eventi macro avversi) che potrebbero far desistere l’istituto da proseguire con l’offerta. Intesa Sanpaolo avrebbe risposto che solo dopo che si saranno dispiegati gli effetti economici dell’epidemia si potrà sapere se lo scenario è mutato al punto da non consentire più di andare oltre con l’offerta, che sarà considerata valida anche con il 50,1% di adesioni. Ci sarebbe quindi tempo fino all’ultimo giorno utile, cioè luglio quando l’ops sarà in corso; una replica che Ubi avrebbe ritenuto insufficiente tanto da presentare un esposto in Consob.
Si tratta di schermaglie legali dietro le quali si gioca la vera partita: il pressing per un rilancio da parte di Intesa Sanpaolo o la fusione di Ubi con un’altra banca. Ma il primo è da sempre escluso da Messina, anche se i soci pattisti di Ubi (come il Car, al 20%) ritengono basso il premio del 27%. Il mercato ci scommette: Ubi oggi è a premio del 5% sul prezzo di offerta di Intesa, ha calcolato ieri Bofa. E la seconda è difficile per il contesto generale; addirittura il Copasir è intervenuto su rumor di contatti con Crédit Agricole, per timore che una banca italiana finisca in mani estere.
La strategia Messina insiste sulla strategicità dell’offerta in un’economia a rischio per il Covid-19