Uno su 10 editori medi e piccoli rischia la chiusura
Levi: il governo intervenga
La piccola e media editoria rischia di essere decimata dalla crisi dovuta al coronavirus. È l’allarme emerso dalla quarta rilevazione dell’osservatorio sull’impatto Covid-19 dell’associazione italiana editori (Aie) che ha comunicato ieri i dati raccolti (dal 19 al 23 aprile) relativi all’editoria medio-piccola. Quasi un editore su dieci (il 9%) sta valutando la chiusura già da quest’anno. Un altro 21% la considera probabile. «Quest’emergenza avrà impatti rilevanti non solo sull’occupazione — commenta il presidente di Aie, Ricardo Franco Levi (foto) — ma anche sul pluralismo nel nostro Paese. Quale che sia il volume delle vendite, la perdita di una voce è sempre un impoverimento dell’offerta culturale, una ferita alla democrazia. Il governo e il parlamento devono fare tutto il possibile perché questo non accada». Il calo del fatturato è «molto pesante» fa sapere l’aie: il 56% dei piccoli e medi editori stima una perdita (a marzo) superiore al 50% e il 29% superiore al 70%. Ebook e store digitali hanno controbilanciato solo in parte il crollo delle vendite nelle librerie (chiuse per il lockdown) e nella Grande distribuzione organizzata.
Diego Guida, vicepresidente di Aie e presidente del Gruppo Piccoli Editori, aggiunge: «Tra marzo e aprile il taglio dei titoli pubblicati è stato del 35%, a maggio-giugno i rinvii salgono al 59%; a fine 2020 si stima una riduzione del 32% delle pubblicazioni dei piccoli e medi editori. Significa 21.000 opere in meno, il 54% di tutte quelle che andranno perdute nel 2020». Aspetto grave è l’occupazione, con il 31% degli editori costretti a mettere in cassa integrazione tutti i loro dipendenti; il 34% alcuni dipendenti. E sulla ripartenza, pochi sono ottimisti: solo il 2% ritiene che quest’anno manterrà lo stesso fatturato del 2019.