«Diamo un senso ai paesini delle nostre città infinite»
L’architetto Monti: possono diventare poli comunitari per decongestionare le metropoli
Lo ha sempre pensato e scritto, quindi, ci crede, e tanto, alle città come «luoghi di scambio dei beni, delle informazioni, spazio della memoria collettiva delle emozioni, dell’urbanità e della convivenza». Figuriamoci, allora, se Angelo Monti — architetto comasco e presidente di Urbanlab-centro per lo studio della cultura urbana —, non è d’accordo con l’idea che la tecnologia possa essere una possibile soluzione per evitare lo spopolamento dei piccoli comuni.
Un fenomeno tristemente noto, quest’ultimo, e sul quale si è espresso, pochi giorni fa, sulle pagine del Corriere, anche Stefano Boeri, l’architetto del Bosco verticale, il quale ha addirittura proposto una nuova visione di Milano «organizzata in quartieri, come dei piccoli borghi urbani, contenenti tutti i servizi essenziali per i cittadini».
Nulla da eccepire, fa capire
Monti, ma tutto ciò non riuscirebbe probabilmente a frenare la capacità di crescita esponenziale delle grandi città, segnata da previsioni che lasciano ben poco all’immaginazione: «Più del 60% della popolazione mondiale sarà concentrata in quel 3-4% dei territori urbanizzati, le cosiddette città infinite».
Cosa fare? «Occorre ripensare a tutta una serie di funzioni e servizi in sistemi più policentrici, e da valorizzare. Faccio un esempio: nel nostro territorio, nel Milanese, abbiamo una serie smisurata di piccoli centri urbani, da 5mila abitanti al massimo, che potrebbero fungere benissimo da centri polarizzanti per la vita della comunità; in questo modo, riusciremmo a decongestionare la grande metropoli», spiega l’architetto, secondo il quale, più che di problema della densità abitativa nelle città, dovremmo iniziare a parlare di «diluizione della nostra vita sociale, senza sminuire l’intensità delle relazioni. Sì, possibilmente a un metro di distanza gli uni dagli altri, ma non inibendo la nostra capacità di interagire col prossimo».
E tra borghi, piccoli comuni e metropoli, il progettista lombardo inserisce una sorta di carta vincente: la media città, con una popolazione che va dagli 80 ai 120 mila abitanti: sono città compatte, con una densità abitativa contenuta, «ma che possono costituire una rete organizzata di specificità, così da salvaguardare la propria identità economica e produttiva».
E in una interrelazione, sia virtuale che fisica, tra metropoli e borghi, occorrerà fare attenzione a non trasformare le cosiddette città medie in quartieri risucchiati dalle città infinite. «Ben venga, per esempio, una metropolitana che colleghi Milano con la città di Como, purché non si rischi di cadere in rapporti esclusivamente consumistici».
Dimensioni e densità «La tecnologia frena lo spopolamento. Ma dobbiamo rivalutare anche i centri medi»