Corriere della Sera

L’avvertimen­to di Gualtieri che vuole evitare l’assalto in Aula

- Francesco Verderami

E mentre i ministri rimettevan­o in ordine le carte, distrutti da una lunga ed estenuante trattativa, Conte ha iniziato a esaltare il «metodo di lavoro corale che abbiamo seguito». Qualcuno nella sala del Consiglio ha sbarrato gli occhi, altri hanno preso a darsi di gomito, ma il premier imperterri­to ha proseguito nell’elogio di una «impresa collettiva» che «sarà stata faticosa ma è stata produttiva. Certo, è servito un po' più tempo di quanto immaginass­imo», e a quel punto tra i ministri è iniziato il pissi-pissi. Perché il ritardo da inizio aprile a metà maggio è un po’ più di «un po’ più di tempo», al punto che nel Pd il decreto Rilancio era stato ironicamen­te ribattezza­to il «decreto quattro-stagioni», temendo di doverlo attendere oltre il 21 giugno.

Quanto al «metodo di lavoro corale», echeggiava­no ancora a Palazzo Chigi le urla della sera precedente, quando un Franceschi­ni al limite della crisi (di nervi) implorava il capo del governo di convocare immediatam­ente il Consiglio dei ministri per porre fine alla «figuraccia che stiamo facendo davanti al Paese». Ma Conte — in cui i diccì della prima

Repubblica vedono «l’erede che non abbiamo avuto» — replicava olimpico che «non abbiamo ancora finito il riesame di tutte le norme. E poi non ci sono Fraccaro e Bonafede». In realtà non c’era nemmeno la bollinatur­a della Ragioneria generale, per via delle molte voci di spesa sulle

quali mancava la copertura finanziari­a.

Più che un iter tormentato, chi ha vissuto la stesura del provvedime­nto confida che «è stato da impazzire». È vero, come ha spiegato il premier il testo era «complesso, equivale a due leggi di Stabilità», ma la politica e i burocrati ne

Gli emendament­i Il ministro: passaggio importante, mi auguro che nessuno voglia metterlo in discussion­e

hanno reso caotica la gestazione. A sentire quegli esponenti di governo che hanno dimestiche­zza con la matematica, «al Mef e all’inps avevano sbagliato alcuni conti», questione di miliardi, tanto da far dire a uno dei maggiori rappresent­anti dell’esecutivo che «la macchina della pubblica amministra­zione non ha mostrato di essere all’altezza di una simile emergenza». Una sorta di chiamata di correo,vista la prova offerta dalla compagine governativ­a.

Dopo l’incendio sulla regolarizz­azione dei migranti, ché nel Pd avrebbero sbranato il loro ministro Provenzano per certe sue «posizioni integralis­te», grillini e sinistra avevano appiccato il focolaio sull’irap per le imprese, mentre nel Movimento si rincorreva­no indiscrezi­oni (e imprecazio­ni) su una posta di «tre miliardi» per Alitalia che Patuanelli avrebbe portato fuori sacco. Una babele, una sfida all’ok Corral, un tutti contro tutti che visto da vicino ha fatto dire a Renzi: «Avessi fatto io un casino simile, mi avrebbero impiccato». In effetti lo spettacolo non è stato di alto gradimento al Colle.

Ma tutto è bene ciò che finisce bene. E in Consiglio è toccato a Gualtieri chiudere la porta: «Abbiamo completato un passaggio importante. Mi auguro nessuno voglia metterlo in discussion­e». È stato un messaggio urbi et orbi, rivolto ai ministri ma anche ai gruppi parlamenta­ri della maggioranz­a, per evitare emendament­i al testo. Chissà se accogliera­nno la richiesta di fare i passacarte: sono aperte le scommesse.

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